Con si riesce a modificare la legge elettorale per le prossime consultazioni di primavera, perché il Pd è profondamente diviso. Non è più un’indiscrezione, ma la conferma della profonda spaccatura in seno al Partito democratico umbro è evidenziata dallo stesso segretario regionale, Giacomo Leonelli, che, al termine di una riunione del gruppo Pd in Consiglio regionale, ha espresso “grande preoccupazione per l’esito della riunione, dalla quale è emersa la mancata condivisione su come modificare la legge elettorale, rispetto invece a quanto stabilito nel corso dell’ultima riunione della Direzione regionale del partito.
Dalla Direzione era infatti stato indicato un percorso ben preciso, che andava verso la scelta dell’introduzione della preferenza di genere, l’abolizione del ‘listino’, e indicava un’ampia prevalenza per il collegio unico regionale. Il ‘nulla di fatto’ della riunione, invece, rischia di minare la credibilità dell’intero Partito democratico dell’Umbria, che, attraverso i suoi organismi designati attraverso il meccanismo delle primarie, aveva largamente condiviso il percorso che stiamo portando avanti, anche tramite le riunioni dei Circoli, e l’introduzione di una legge elettorale con quelle precise caratteristiche.
Il tergiversare oltre, per di più nella non facile fase storica che sta attraversando la nostra regione, significherebbe di fatto assumersi la responsabilità di frenare le istanze di rinnovamento di cui il Partito democratico con i suoi organismi cerca da tempo di rendersi interprete”. Il problema che divide i democratici è tecnico, con un valore politico molto forte: il meccanismo dei “resti”. Se applicato in un certo modo, può salvaguardare i partiti alleati del Pd, altrimenti il Partito democratico diventerebbe padrone dei consensi, in termini di seggi, della quasi totalità della coalizione. Ma c’è anche la questione del turno unico che fa discutere i consiglieri regionali del partito di maggioranza, che dovrebbero portare un testo in Commissione e farlo approvare dall’aula entro pochi giorni. È indubbio che lo scarso tempo a disposizione non aiuta a ragionare freddamente, perché si mescola la necessità di varare una nuova legge elettorale con la possibilità per il singolo consigliere di rientrare o meno tra gli eventuali eletti.
È anche vero che essere arrivati a quattro mesi dalle elezioni senza un testo condiviso implica che, al di là delle tante chiacchiere, non si ha la volontà – tra l’altro – di dare un taglio alla “vergogna” del listino, che ha sempre consentito di sedere a palazzo Cesaroni a tanti che non avrebbero mai catturato consensi. Una legge elettorale dovrebbe garantire, al meglio, la governabilità della Regione. Non la presenza di qualche consigliere regionale.