Se il matrimonio cristiano è immagine della creazione di Adamo ed Eva, e dell’unione tra Cristo e la Chiesa, perchè avviene tramite un anello, che in quei brani non appare?
Continuiamo la nostra riflessione sul rito del matrimonio per avere in certa misura dispiegato di fronte a noi la realtà del matrimonio cristiano attraverso il rito.
Riprendendo quindi ad osservare da vicino la liturgia nuziale, dopo aver visto i riti di introduzione e la liturgia della Parola, arriviamo alla manifestazione del consenso preceduto dalle “interrogazioni” ovvero domande attraverso cui il celebrante chiede agli sposi se la loro scelta sia stata compiuta in piena liìbertà, e se, sempre liberamente, accettano di assumersi l’impegno alla fedeltà, alla accoglienza dei figli e alla loro educazione alla fede.
Una volta espresse le intenzioni gli sposi manifestano il loro consenso con il quale «liberamente e scambievolmente si donano» (Premesse generali, n.2). Dandosi la mano destra esprimono il loro consenso nel quale si donano e si accolgono scambievolmente. La dinamica del dono è ben sottolineata dal verbo utilizzato all’inizio della formula di consenso: «Io…, accolte te»; dove una volta c’era un “prendo”, ora c’è un “accolgo”, perché non solo gli sposi si accolgono scambievolmente, ma accolgono il dono che Dio gli ha fatto.
Ritorna in mente il secondo racconto della creazione nel quale il Signore fece scendere un torpore sull’uomo, egli si addormentò e dalla sua costola Dio plasmò una donna; l’uomo allora si trovò accanto la donna come un dono da accogliere, dono che si perpetua ogni volta che, tra le vicende della vita, il Signore pone accanto all’uomo la sua sposa e alla donna il suo sposo.
Il sacerdote “accoglie“ il consenso degli sposi i quali, a sigillo di ciò che hanno appena celebrato, si scambiano gli anelli benedetti. Questo rito non è tipico del cristianesimo ed è presente anche nella celebrazione del matrimonio ebraico.
Ne abbiamo una testimonianza indiretta nel Sant’Anello conservato fin dal Medioevo nella Cattedrale di Perugia, il quale, secondo la tradzione – non comprovata storicamente – sarebbe l’anello dello sposalizio della Vergine.
Tornando al rito del matrimonio, dopo lo scambio degli anelli la liturgia consente di porre la benedizione nuziale. Attraverso le quattro formule proposte e il gesto epicletico (invocazione dello Spirito santo) la Chiesa esplicita l’opera che Dio ha iniziato nei nubendi per opera dello Spirito Santo affibché l’amore degli sposi sia segno dell’amore di Dio per il suo popolo e di Cristo per la sua Chiesa: «un amore disposto a donarsi senza chiedere nulla in cambio» (Quarta formula, n.88).
Infine, prima che la celebrazione continui come di consueto, il rituale propone la preghiera dei fedeli quale momento in cui la comunità cristiana intercede per gli sposi, e le litanie dei santi ai quali si chiede la loro intercessione ma anche l’essere per gli sposi modelli di vita.
Don Francesco Verzini