Amico lettore, mi permetti una sottolineatura? Nel fioco cono di luce dell’abat jour della settimana scorsa si leggeva: ” Emarginato: participio passato di un verbo attivo transitivo, ha valore passivo; lui subisce l’azione; e se lui la subisce, è perché qualcun altro la fa”. Vorrei che non ti sfuggisse questa piccola punzecchiatura. Vorrei che non ti sfuggisse: non è grammatica, è vita. O – meglio – vita negata. Com’è rilassante leggere la storia in chiave di fatalità! Soprattutto quella storia che i libri non raccontano mai, la storia dei poveri. Doveva succedere, era scritto così. Esistono gli emarginati, sono lì, che volete farci?! “I poveri li avrete sempre con voi”, l’ha detto anche il Signore: ad un’esegesi seria quella frase in realtà vuol dire tutt’altra cosa, diametralmente opposta, ma…: ma com’è bello non approfondire, in “evangelica semplicità”, e rimanere nel nostro splendido torpore da sempliciotti, magari confortati dalla buccia euforizzante del Vangelo! Ovvìa!! Esistono gli emarginati, così come esistono gli omogeneizzati, gli idroscali, gli insaccati, i barbecues e gli ossalati.Presto ci faranno una puntata del Quiz Show. “Che differenza esiste fra un ossalato e un emarginato?”. Vincerà chi risponderà: nessuna. E il caprino conduttore esulterà nel consegnare quei 512 milioni di soldi nostro come fossero suoi. Gli emarginati. Sono la percentuale uggiosa di giorni piovosi sul totale dei giorni di cielo sereno. Fatalità.Che volete farci. E invece qual participio passato dice smentisce la grande menzogna e rassegna le responsabilità che si è tentato di eludere. Non è grammatica, è vita. O – meglio – vita negata. Chi sia il complemento d’agente di quel participio passato…: tutto da stabilire.