L’appuntamento di marzo della Scuola della Parola ha visto la presenza di Paolo Bustaffa, giornalista e direttore del Sir (Servizio informazione religiosa), che ha portato ai tanti giovani e agli adulti presenti, la sua esperienza professionale e la sua testimonianza di cattolico impegnato. L’intervento di Bustaffa è stato molto coinvolgente, avendo egli spiegato le motivazioni che lo hanno spinto a diventare giornalista: il desiderio di raccontare, che nasce dalla sua esperienza di vita, dal suo iniziale lavoro di insegnante di religione, sempre a contatto con i giovani; e la volontà “di dire sempre la verità”, nel rispetto della dignità delle persone. La domanda che ha sollevato Bustaffa, riprendendo le parole del Papa, è quella se, al di là dei messaggi che diffondono oggi i mass media, ci sia ancora spazio per lanciare il messaggio di Cristo e farne intravedere a tutti il volto. Quello che il giornalista deve fare, soprattutto un giornalista cattolico, è far nascere domande nelle persone, a fronte di una cultura del consumo e dell’apparenza che cerca, invece, di defraudare delle domande, fornendo sempre interpretazioni e risposte preconfezionate. L’informazione sui fatti di fede, oggi, non è certamente facile, soprattutto perché i lettori prediligono un certo tipo di giornalismo. In che modo raccontare e rendere comprensibile ai lettori, soprattutto ai “lontani”, l’esperienza di una Chiesa viva o la bellezza del cammino di fede? La risposta di Bustaffa è stata questa: “Per amore del mio battesimo, io non tacerò”, perché ogni cristiano è portatore della speranza che gli viene dal dono della fede e deve propagarla con tutti gli strumenti a disposizione, compresi i mass media. “Per amore del mio territorio, io non tacerò”, ma è necessario raccontare a tutti l’esperienza delle nostre comunità, delle diocesi, della Chiesa tutta. Ed ancora: “Per amore del mio popolo, io non tacerò”: al di là della spettacolarità e della banalizzazione che i mass media diffondono, il giornalista cattolico ha il dovere di misurarsi con il quotidiano con un atteggiamento e una coscienza critica diverse da quelle dominanti. La “buona notizia” non trova molto spazio su TV e giornali, ma di fronte a questo l’atteggiamento di chi fa il giornalista da cattolico non deve essere di rassegnazione. Proprio qui si apre la vera, grande sfida: usare “i meravigliosi strumenti della comunicazione” (come li definisce il Papa) per raccontare le verità terrene con gli occhi della fede e della speranza.
Parole al servizio della Parola
Scuola diocesana della Parola: incontro con Paolo Bustaffa, direttore del Sir
AUTORE:
Francesca Carnevalini