13 marzo 2014, un anno di pontificato di Papa Francesco. Stiamo imparando uno stile, lo stile della tenerezza come elemento di apertura e dialogo anche verso quei luoghi che psicologicamente a noi cristiani sono spesso sembrati inaccessibili (cf. B. Baffetti – F. Marcacci, La tenerezza salverà il mondo! Imparare l’Amore alla scuola di Papa Francesco, Porziuncola, Assisi 2014, in libreria dal 2 aprile).
La tenerezza aiuta a verificare il proprio cammino cristiano, poiché la tenerezza è la “cartina tornasole” dell’amore: non può esserci vera cura e attenzione per l’altro se non sono impastate di tenerezza. Senza ovviamente perdere di vista i contenuti della nostra fede e della nostra dottrina, in un dialogo necessario e costruttivo tra tenerezza e verità: la tenerezza produce il suo effetto sano e duraturo quando non è tenerume e quando è in grado di fondarsi sulla verità dell’incontro con Gesù, sulla Verità di Gesù. Questa Verità costringe ad affinare i nostri argomenti e i nostri modi di ragionare, poiché come la fede cresce anche la fede pensata.
Proviamo allora a commentare qualche luogo comune che ironicamente allude a un atteggiamento di sconfitta e rammarico verso i nostri tempi: anziché accogliere la grandezza della nostra storia come un’opportunità unica per il Vangelo, viviamo spesso sulle difensive.
Papa Francesco sta chiedendo proprio di convertirci al Vangelo anche su questo livello esistenziale, nel rapporto con il mondo. Con buona pace del sarcastico Voltaire che beffeggiava Leibniz, questo nostro mondo può davvero essere il migliore dei mondi possibili per vivere e annunciare il Vangelo. Senza dimenticare l’urgenza di intervenire nei dibattiti del nostro tempo, ne cogliamo invece l’opportunità. E combattiamo laddove nessuno combatte: penso alla promozione di una sana cultura del rapporto di coppia, per ovvia esperienza personale nella Casa della Tenerezza.
Ma potrei fare tanti altri esempi, anche solo tratti dal territorio perugino.
Piove, governo ladro: disincanto verso le istituzioni e verso la politica, crisi economica. Che si annunci la profondità del settimo comandamento, che si riveli la grandezza dell’idea cristiana di “lavoro”, che si promuova il valore dell’economia cristianamente vissuta, che si pretenda la giustizia. E già Papa Benedetto XVI definiva la crisi come un’opportunità per acquisire uno stile di vita sobrio e umile. Una vera occasione da non perdere “per farsi” più cristiani, anche difendendo i più deboli che come sempre sono i primi a rimetterci quando c’è crisi.
Non ci sono più le mezze stagioni: il rapporto con il creato è disastroso, non sappiamo se e quali conseguenze avrà lo sfruttamento disordinato delle risorse. Che meraviglia il Cantico di san Francesco, per promuovere il senso cristiano della natura, alla quale apparteniamo fin dentro ogni cellula del nostro corpo. Non ecologia, ma ecotenerezza, per vivere la nostra dimensione corporale come una lode continua a Dio.
Si stava meglio quando si stava peggio: distruzione della famiglia, relativismo generalizzato, emergenza educativa. Proprio nel nostro contesto sociale, ben più variegato e molteplice di cinquant’anni fa, la famiglia cristiana può risplendere con forza. Proprio oggi possiamo far riecheggiare la bellezza della reciprocità tra uomo e donna e essere grati quando si vive questo dono. E per l’emergenza educativa, sapere che nella società plurale (ben più che liquida), ricca di opinioni diverse ma anche di risorse comunicative, è possibile far rimbalzare nel mondo idee sane e buone. Per segnare questo tempo come un tempo di svolta, pieno di speranza verso un futuro certamente bello per chi abbraccia Gesù.