“Quando noi facciamo il presepe a casa, è come aprire la porta e dire: ‘Entra, Gesù’. È vicinanza, invito a Gesù perché venga nella nostra vita. Perché se lui la abita, rinasce. Ed è davvero Natale”. Sono le parole finali, pronunciate a braccio, della catechesi dell’udienza di oggi, 18 dicembre, pronunciata in Aula Paolo VI davanti a 7mila fedeli.
Il Papa è tornato idealmente a Greccio, dove San Francesco ha allestito il primo presepe vivente e dove ha firmato la lettera apostolica sul presepe. Quest’anno, il Santo Padre ne ha ricevuto uno speciale: una piccola immaginetta dal titolo: “Lasciamo riposare mamma”. Segno della “tenerezza” della famiglia. Perché quando facciamo il presepe, invitiamo la Sacra Famiglia a casa nostra.
Il presepe, Vangelo domestico
“Fare il presepe è celebrare la vicinanza di Dio, è riscoprire che Dio è reale, concreto, vivo e palpitante”, ha esordito il Papa: “Dio sempre è stato vicino al suo popolo, ma quando si è incarnato, è nato, è stato troppo vicino, molto vicino, vicinissimo: è riscoprire che Dio è reale, concreto, vivo e palpitante”.
“È venuto ad abbracciare la nostra umanità”, come mostrano molte statuine che raffigurano il Bambinello con le braccia aperte. Allora, “è bello stare davanti al presepe e lì confidare al Signore la vita, parlargli delle persone e delle situazioni che abbiamo a cuore, fare con lui il bilancio dell’anno che sta finendo, condividere le attese e le preoccupazioni”.
Il presepe è “un Vangelo domestico”, l’immagine centrale della catechesi: facendo il presepe “possiamo anche invitare la Sacra Famiglia a casa nostra, dove ci sono gioie e preoccupazioni, dove ogni giorno ci svegliamo, prendiamo cibo e siamo vicini alle persone più care”.
Accanto a Gesù vediamo la Madonna e San Giuseppe: “Possiamo immaginare i pensieri e i sentimenti che avevano mentre il Bambino nasceva nella povertà: gioia, ma anche sgomento”.
“La parola presepe letteralmente significa mangiatoia, mentre la città del presepe, Betlemme, significa casa del pane”, ricorda Francesco: “Mangiatoia e casa del pane: il presepe che facciamo a casa, dove condividiamo cibo e affetti, ci ricorda che Gesù è il nutrimento essenziale, il pane della vita. È Lui che alimenta il nostro amore, è Lui che dona alle nostre famiglie la forza di andare avanti e di perdonarci”.
Un invito a fermarci e a contemplare
“Nei ritmi a volte frenetici di oggi”, il presepe è “un invito alla contemplazione”, che “ci ricorda l’importanza di fermarci. Perché solo quando sappiamo raccoglierci possiamo accogliere ciò che conta nella vita. Solo se lasciamo fuori casa il frastuono del mondo ci apriamo all’ascolto di Dio, che parla nel silenzio”.
“Il presepe è attuale, è l’attualità di ogni famiglia”, prosegue a braccio il Papa raccontando di un regalo “speciale” ricevuto: un’immaginetta “piccolina” dal titolo evocativo: “Lasciamo riposare mamma”. C’era la Madonna addormentata e Giuseppe con il bambino in braccio, che cercava di farlo addormentare. “Quanti di voi dovete dividere la notte tra marito e moglie, per il bambino che piange!”, l’esclamazione fuori testo a proposito della “tenerezza della famiglia, del matrimonio”.
“Il presepe è più che mai attuale, mentre ogni giorno si fabbricano nel mondo tante armi e tante immagini violente, che entrano negli occhi e nel cuore”, il monito: “Il presepe è invece un’immagine artigianale di pace, e per questo è un Vangelo vivo”. “È importante fare un piccolo presepe a casa, sempre, perché è il ricordo che Dio è venuto da noi, ci accompagna nella vita, si è fatto uomo come noi”.