Il 13 marzo saranno cinque anni di pontificato di Jorge Mario Bergoglio, che si è dato il nome di Francesco.
Cinque anni entrati nella Storia fin dal primo momento, per la sua provenienza dai “confini del mondo” (seppure di ascendenza piemontese, come Pio V), per quel suo “buonasera” e l’inchino di fronte al popolo di Dio per invocarne la benedizione. E ancora prima, di storico c’era il fatto di venire eletto Papa mentre era – ed è – ancora in vita il suo predecessore, Benedetto XVI.
Per gli umbri, poi, un papato ancora più speciale. Non solo infatti, per la prima volta, un Pontefice ha assunto il nome del Santo di Assisi, facendo fin da subito un’opzione privilegiata a favore dei poveri, ma ha anche intitolato Laudato si’ la sua “quasi unica” enciclica. “Quasi” perché – anche se spesso lo si dimentica – Francesco all’inizio del pontificato ha pubblicato la Lumen fidei, che riprende e completa il testo a cui stava lavorando Papa Ratzinger prima di rassegnare le dimissioni.
E ancora, non si può dimenticare il viaggio ad Assisi nell’ottobre 2013, iniziato con la visita all’Istituto Serafico e il saluto, a uno a uno, agli ospiti della struttura, da lui definiti “la carne di Cristo”.
Già, i viaggi. Senz’altro meno numerosi di quelli di Giovanni Paolo II (quello resterà un record difficilmente eguagliabile), ma neppure rarissimi; e in più di un’occasione, con mete fuori dagli schemi. Ad esempio, la sua visita a Cuba nel 2015, in un momento – di nuovo, “storico” – di passaggio dall’epoca di Fidel Castro al “dopo”, qualunque sia. O ancora, alla fine del 2016, la partecipazione a una celebrazione in Svezia, Paese luterano, in vista dei 500 anni della Riforma protestante (1517-2017): evento che poi è diventato “normale” ricordare insieme tra cattolici e riformati. O ancora, più vicino ai nostri giorni, l’incontro con i popoli indios dell’Amazzonia, sfruttati se non addirittura a rischio di estinzione.
Ma come sempre, e più che con altri Papi, non mancano le voci di dissenso, spesso piuttosto aspre, e a volte “complottiste”. A creare entusiasmi ma anche problemi, in vari settori della Chiesa cattolica, sono le due esortazioni apostoliche di Papa Bergoglio: la Evangelii gaudium (2013) e soprattutto la Amoris laetitia (2016).
Tanto che il card. Walter Kasper, già presidente del Pontificio consiglio per l’unità dei cristiani, in occasione del proprio 85° compleanno il 5 marzo, ha sentito il dovere di intervenire. Il porporato, che ha appena pubblicato il libro Il messaggio di Amoris laetitia. Una discussione fraterna, ribadisce ai microfoni di Radio Vaticana: “I dibattiti nella Chiesa sono necessari: non bisogna averne paura. Ma c’è un dibattito troppo acerbo, troppo forte, con l’accusa di eresia. Un’eresia è un tenace atteggiamento che nega un dogma formulato. La dottrina dell’indissolubilità del matrimonio non è messa in questione da parte di Papa Francesco! Prima di dire che si tratta di eresia, bisognerebbe sempre chiedersi come l’altro [il Papa stesso, ndr] intende una sua affermazione. E prima di tutto, bisognerebbe presuppore che l’altro sia cattolico, non supporre il contrario”.
E aggiunge: “Conosco alcune parrocchie, anche qui a Roma, che fanno raduni con sposati o nubendi in preparazione al matrimonio, e leggono alcune parti di questa esortazione apostolica [Amoris laetitia]. Il linguaggio del documento è così chiaro che ogni cristiano lo può capire. Non è alta teologia incomprensibile per la gente. Il popolo di Dio è molto contento, è lieto di questo documento, perché dà spazio alla libertà, ma interpreta anche la sostanza del messaggio cristiano in un linguaggio comprensibile. Il popolo di Dio capisce! Il Papa ha un’ottima alleanza con il popolo di Dio”.