“La gioia del primo incontro” col nuovo pontefice da parte di tutti i Vescovi italiani e “il desiderio di riconoscerci nella fede nel Signore Gesù e partecipi del mistero luminoso della Chiesa”: sono i due sentimenti espressi dal card. Angelo Bagnasco, arcivescovo di Genova e presidente della Conferenza episcopale italiana, nel saluto rivolto questa sera a Papa Francesco durante la celebrazione della “professio fidei” nella basilica di S. Pietro. L’incontro di preghiera vede la presenza del personale della Cei, di religiosi e religiose, e di una folta delegazione del laicato cattolico con i responsabili delle principali aggregazioni e movimenti. Questo momento si colloca quasi al termine dei lavori della 65ª assemblea generale della Cei, che si è tenuta dal 20 al 24 maggio, ed è stata voluto dal Consiglio Episcopale Permanente quale momento qualificante all’interno dell’ “Anno della Fede”. Inoltre, questo incontro assume un particolare significato per il nuovo pontefice, perché conclude la visita ad Limina Apostolorum delle 226 diocesi italiane, iniziata con Benedetto XVI e proseguita in questi mesi con Papa Francesco.
“La mancata vigilanza rende tiepido il Pastore; lo fa distratto, dimentico e persino insofferente; lo seduce con la prospettiva della carriera, la lusinga del denaro e i compromessi con lo spirito del mondo; lo impigrisce, trasformandolo in un funzionario, un chierico di stato preoccupato più di sé, dell’organizzazione e delle strutture, che del vero bene del Popolo di Dio”. È il passo centrale del primo discorso rivolto da Papa Francesco ai vescovi italiani, riuniti per la loro assemblea generale e questa sera insieme nella Basilica di San Pietro per la “Professio fidei” (leggi qui il discorso o vedi il video).
“La conseguenza dell’amare il Signore – ha detto Papa Francesco – è dare tutto – proprio tutto, fino alla stessa vita – per Lui: questo è ciò che deve distinguere il nostro ministero pastorale; è la cartina di tornasole che dice con quale profondità abbiamo abbracciato il dono ricevuto rispondendo alla chiamata di Gesù e quanto ci siamo legati alle persone e alle comunità che ci sono state affidate. Non siamo espressione di una struttura o di una necessità organizzativa: anche con il servizio della nostra autorità siamo chiamati a essere segno della presenza e dell’azione del Signore risorto, a edificare, quindi, la comunità nella carità fraterna”.
“Essere Pastori – ha concluso Papa Francesco – vuol dire anche disporsi a camminare in mezzo e dietro al gregge: capaci di ascoltare il silenzioso racconto di chi soffre e di sostenere il passo di chi teme di non farcela; attenti a rialzare, a rassicurare e a infondere speranza. Dalla condivisione con gli umili la nostra fede esce sempre rafforzata: mettiamo da parte, quindi, ogni forma di supponenza, per chinarci su quanti il Signore ha affidato alla nostra sollecitudine”.
Nel corso della preghiera le lampade sulla tomba dell’Apostolo sono state accese da un Vescovo, da una religiosa e da una famiglia. La famiglia è quella di Maria e Lino Le Voci che con loro tre figli vivono a Perugia.