Eccezionale per tanti versi, la visita di Papa Francesco negli Emirati Arabi Uniti svoltasi dal 3 al 5 febbraio. Il primo Pontefice a mettere piede nella Penisola arabica, proprio nell’ottavo centenario dell’incontro (avvenuto però in Egitto) tra san Francesco e il sultano Malik al-Kamil. Una liturgia celebrata in pubblico, in un Paese musulmano, di fronte a 120-130 mila persone, tra cui 4.000 fedeli del Corano.
E ancora, la firma del Documento sulla fratellanza umana per la pace mondiale e la convivenza comune, tra il Papa e il Grande imam dell’università di Al-Azhar (al Cairo), principale centro di formazione dell’islam sunnita. Ma non basta, perché, anche se Al-Azhar ‘parla’ a nome dell’islam sunnita, erano presenti anche gli sciiti tra i 700 leader che, ad Abu Dhabi, hanno partecipato all’Incontro interreligioso sulla fratellanza umana organizzata dal Muslim Council of Elders (Consiglio islamico degli anziani).
“Seguire la via di Gesù – ha detto il Papa all’omelia della messa non significa stare sempre allegri. Chi è afflitto, chi patisce ingiustizie, chi si prodiga per essere operatore di pace sa che cosa significa soffrire. Per voi non è certo facile vivere lontani da casa e sentire magari, oltre alla mancanza degli affetti più cari, l’incertezza del futuro. Ma il Signore è fedele e non abbandona i suoi…
Quando Gesù ci ha detto come vivere, non ha chiesto di innalzare grandi opere o di segnalarci compiendo gesta straordinarie. Ci ha chiesto di realizzare una sola opera d’arte, possibile a tutti: quella della nostra vita… Vi auguro di essere così, ben radicati in Cristo, in Gesù, e pronti a fare del bene a chiunque vi sta vicino. Le vostre comunità siano oasi di pace”.
Commentando la messa, padre Francesco Patton, custode di Terra Santa, l’ha definita un segno di “grande apertura, e sintomo che qualcosa sta cambiando. Questa messa, con la partecipazione di decine di migliaia di cattolici, avrà un’enorme risonanza in tutta la Penisola arabica, dove ci sono in totale qualcosa come tre milioni di cattolici, tutti lavoratori stranieri da diversi Paesi asiatici, come India, Pakistan e Filippine, e ricchi di grande fede. Credo che sia anche un segno di quella ‘reciprocità’ che tante volte abbiamo invocato – qualche volta per difenderci – e che adesso comincia a essere accolta”.
Tra i commenti più positivi da parte del mondo musulmano, spicca quello del giovane studioso algerino Kamel Abderrahmani: “Sono meravigliato dalla bellezza e sincerità delle proposte fatte. Dopo questa visita, alle istituzioni musulmane non resterà nulla da dire sulla violenza che si compie in nome dell’islam, se non scomunicare in modo diretto e imperativo i fabbricanti di morte.
Non siamo più nel Medioevo, e i Governi occidentali non sono la Chiesa cattolica. Il che significa che nell’ambiente moderno non vi è alcuna crociata nel nome della fede cristiana. Papa Francesco ha teso le braccia ai musulmani, offerto fraternità, amore e pace, ed essi non dovrebbero rifiutare questa occasione per costruire ponti di umanità insieme”.
Dario Rivarossa