“Davvero in questo momento così decisivo ci si rende conto che la preghiera è il livello più profondo della vera politica”. In una non lontana stagione che vedeva il nostro Paese in affanno politico e istituzionale Giuseppe Cacciami, un maestro del giornalismo cattolico italiano, chiudeva con queste parole la sua lettera a un amico.
Chiamare in campo la preghiera mentre una crisi dai molti aggettivi porta a ben altri pensieri può apparire del tutto fuori luogo e fuori tempo. C’è il rischio di un indebito e ingenuo mescolamento di dimensioni ed esperienze. Le perplessità sono legittime e comprensibili. Le parole di Giuseppe Cacciami, anche oggi attuali, non intendono però sorvolare i dubbi e neppure vogliono rimanere estranee alle riflessioni degli analisti e dei commentatori politici. Non c’è la volontà di prendere le distanze da una realtà problematica e in mutazione, c’è il desiderio di aiutarla a prendere quota liberandola dai lacci del basso profilo e del piccolo cabotaggio. L’impresa è difficile: anche la gente del quotidiano prende atto dell’asperità della china da risalire, mentre è in preoccupata attesa di risposte efficaci e rapide.
La comunità cristiana, fatta dalla gente del quotidiano, sa bene che la politica e le istituzioni hanno bisogno di riforme ma nello stesso tempo sente che c’è qualcosa di “specifico” che il vivere e pensare la fede devono offrire perché un’impresa difficile non si trasformi in un’impresa impossibile. Di questi sentimenti c’è espressione ogni domenica quando, nelle chiese, l’assemblea risponde all’invito a pregare per chi ha responsabilità politiche, di governo, di costruzione del bene comune e di raggiungimento della giustizia.
Solo un osservatore frettoloso potrebbe ritenere che si tratti di formule ripetitive alle quali la gente è chiamata a rispondere meccanicamente. Non è così: quelle persone vivono sulla propria pelle la difficoltà e il disagio, e hanno fiducia nella forza della preghiera perché l’hanno sperimentata e la sperimentano nella fatica di ogni giorno. C’è poi la Storia a richiamare un percorso sul quale uomini e donne hanno testimoniato, con la loro fede e con la loro intelligenza, che imprese ritenute umanamente impossibili sono state rese possibili e quindi sono state realizzate. Quanta preghiera queste persone hanno messo nel loro impegno di costruttori di solidarietà e speranza? E i politici, con le loro specifiche competenze, non dovrebbero essere tra questi? E la comunità cristiana non dovrebbe prendere maggior coscienza della propria responsabilità, a cominciare proprio dall’approfondire il significato del pregare per la politica e i politici?
Non è importante dare, con linguaggio laico, un segnale all’esterno sul rapporto tra preghiera e politica, non per convincere o convertire, ma per aprire altri spazi di pensiero accanto a quelli degli esperti e degli addetti ai lavori? Si potrà prendere e far prendere consapevolezza che la politica ha bisogno anche della preghiera per ritrovare se stessa e crescere nella sua specifica vocazione al servizio? Non esiste una “cattedra” per le risposte. Esistono uomini e donne che vivono l’impegno politico come forma esigente di carità, ben consapevoli che questa scelta non regge senza un fondamento interiore e senza il sostegno orante di una comunità. “Davvero in questo momento così decisivo ci si rende conto che la preghiera è il livello più profondo della vera politica”: Giuseppe Cacciami non a caso nella lettera all’amico si ferma a questo punto. Sa che un giornalista, per la fiducia che ha nell’intelligenza del lettore, non deve aggiungere altro.
Cristianesimo e politica
Il rapporto tra cristianesimo e politica è stato complesso fin dal principio, a cominciare dal fatto che Cristo venne condannato a morte dalle legittime autorità. Il libro dell’Apocalisse testimonia l’atteggiamento di sfiducia, anzi terrore verso il Potere da parte delle primissime generazioni cristiane… del resto, l’imperatore era Nerone. Un momento di svolta fu l’editto di Costantino, di cui quest’anno ricorre il 1.700° anniversario (313 – 2013); ma scontri e persecuzioni continuarono anche in seguito, p.es. a causa dell’adesione di alcuni imperatori all’arianesimo. Il Medioevo vide addirittura la “lotta per le investiture” tra Impero e Papato. In epoca moderna, risulta interessante uno studio sul liberalismo. (d. r.)