Vi sarebbero svariati modi per ricordare una delle personalità più significative del Sacro Convento. Il custode è infatti una figura determinate, è colui che è chiamato a “dirigere il vascello”; e padre Giuseppe Piemontese in questo senso ha sempre tenuto davanti a sé la bussola del Vangelo. Una guida che ha permesso una “navigazione” serena della comunità conventuale, composta da circa 70 frati provenienti da 15 diverse nazioni. I suoi intensi quattro anni da custode, i 12 da provinciale e, ancora prima, gli anni da animatore vocazionale sono stati vissuti con una bontà e una determinatezza tutta francescana. Ad Assisi la sua presenza ha segnato pagine storiche a livello ecclesiale, internazionale e francescano. Penso ai festeggiamenti per il 25° anno dalla prima edizione dello “spirito di Assisi”, con la visita di Benedetto XVI; al 25° Concerto di Natale o ai festeggiamenti degli 800 anni dall’approvazione della Regola per il Capitolo delle stuoie. Ma penso anche ai passi che hanno portato il Parlamento italiano ad approvare il disegno di legge per il contributo a favore della basilica di San Francesco, per offrire bellezza all’uomo attraverso una buona manutenzione, in modo che le gesta dei nostri padri potessero diventare memoria viva. Oppure alla risoluzione della lunga controversia riguardante il sagrato della basilica inferiore, iniziata a seguito dei Patti lateranensi.
Tutto ciò è stato reso fecondo dalle relazioni con gli uomini del nostro tempo: con i piccoli come con i grandi, con i poveri e con i ricchi, con i giovani e con gli adulti, con i bambini e con gli anziani.
Senza creare steccati, padre Giuseppe ha mostrato a tutti il volto paterno, e ora che viene consacrato vescovo, lo animerà la paternità di Dio sperimentata nella sua vita attraverso la vocazione francescana ed episcopale. L’ultimo custode del Sacro Convento divenuto vescovo è stato padre Bonaventura Zabberoni, nel 1825. Un evento storico quindi per la nostra comunità e per il “successore” di frate Elia. Sono sicuro che i valori che lo hanno sempre guidato nel suo cammino lo contraddistingueranno anche in questa nuova missione, perché è da tutti riconosciuto come uomo di Dio, uomo accanto agli ultimi, uomo vicino alle speranze e alle gioie delle persone che incontra. Un uomo buono, un uomo retto. Vorrei qui ricordare anche le parole del suo successore, padre Mauro Gambetti, che ha sottolineato – alla notizia della nomina – con quanta fedeltà e passione padre Giuseppe abbia servito la comunità francescana e ora, secondo l’insegnamento del nostro serafico Padre, ha risposto affermativamente a una nuova “chiamata” che il “Signor Papa” gli ha rivolto. Affidiamo quindi al Poverello di Assisi la nuova missione che gli è stata chiesta per i fedeli della sua diocesi.
Concludo proponendo un tratto saliente del carattere di padre Giuseppe, alla luce di alcuni episodi. Certe volte, in giornate particolarmente pesanti, lo invitavo a chiudere tutti gli impegni che avevamo, mentre lui, anche se qualcuno arrivava tardi a bussare al Sacro Convento, diceva: “No, non chiudiamo mai la porta dell’incontro e del dialogo”. Così, pensando anche alla situazione difficile della diocesi, lo stile sobrio e semplice, permetterà di affrontare con serenità ogni emergenza. Quando a volte, di ritorno da Roma, gli dicevo: “Ci fermiamo a mangiare qualcosa?”, lui rispondeva: “Okay. Basta un panino”.