Il dibattito sulle radici cristiane dell’Europa che accompagna lo svolgersi dei lavori per il Trattato costituzionale dell’Unione Europea, pur mettendo l’accento su un problema di assoluto rilievo, rischia di far passare in secondo piano, soprattutto tra i cattolici, alcuni obiettivi primari della Convenzione, quali la riforma delle istituzioni dell’Unione, in conseguenza dell’allargamento, e lo sviluppo del processo di integrazione. La costruzione europea prese avvio, come è noto, nel secondo dopoguerra, come reazione alle terribili conseguenze di due conflitti mondiali che in meno di trent’anni avevano avuto origine in Europa. Alle motivazioni ideali si accompagnarono motivazioni politiche ed economiche e iniziò allora un cammino lungo e accidentato – di cui l’odierna convenzione è solo una tappa – che ha condotto a risultati notevoli. L’integrazione ha assicurato un cinquantennio di pace e benessere ai paesi europei, ha irrobustito la democrazia e ha contribuito alla distensione. Si tratta di una esperienza fortemente innovativa, nonostante l’abbia caratterizzata fino ad ora una valenza prevalentemente funzionalista e non federalista. L’Unione Europea è una libera e volontaria unione di stati sovrani e democratici che per la prima volta nella storia si è realizzata senza alcun imperio di forza e oggi rappresenta l’esperienza più matura di cooperazione internazionale. L’interesse manifestato dalla Chiesa e dai cattolici verso l’integrazione europea è stato costante, nella coscienza che l’unità del vecchio continente è una realizzazione dell’ideale cristiano di comunità internazionale, che rispetta interessi e identità nazionali. All’indomani del conflitto Pio XII si pronunciò con decisione per l’unità europea, di cui sottolineò in particolare la valenza anticomunista e di difesa della civiltà occidentale, e ne auspicò una forte caratterizzazione in senso sovranazionale. L’unificazione prese avvio concreto ad opera in particolare di leaders cattolici come De Gasperi, Adenauer e Schuman e continuò a svilupparsi con il favore della Chiesa. Giovanni XXIII e Paolo VI si mossero soprattutto in una prospettiva di pace e solidarietà sul piano mondiale ma non trascurarono l’unità europea, e se Roncalli sottolineò il valore del principio di sussidiarietà sul piano interno e internazionale, Montini affermò ripetutamente che costruire l’Europa significa contribuire ‘all’edificio della pace nel mondo’. A sua volta, Karol Wojtila, all’inizio degli anni Ottanta, quando ancora la divisione del mondo in due blocchi sembrava un fatto accettato e duraturo, parlò di un’Europa dall’Atlantico agli Urali e dette un contributo determinante alla riunificazione del continente. Il Trattato costituzionale fa compiere significativi passi in avanti al processo di integrazione europea, allontana gli spettri dei nazionalismi nell’Europa orientale, balzati drammaticamente alla ribalta dopo il 1989, favorisce l’espandersi della democrazia e del benessere, anche se il cammino da percorrere è ancora tanto. Ma stranamente oggi questi aspetti sembrano passare in secondo piano, quasi fossero retorici o scontati; è invece forte l’attesa per la soddisfazione di specifici interessi – di paesi, categorie sociali, enti – da parte della Convenzione. Certo, l’Unione tanto più si consoliderà quanto più sarà in grado di catalizzare consensi attraverso la soddisfazione di tali interessi, in primo luogo di quelli nazionali, ma gli obiettivi primari della politica europea rimangono pur sempre la pace e l’ulteriore sviluppo della cooperazione internazionale: nell’immediato, l’estensione del voto a maggioranza, una più puntuale definizione delle politiche dell’Unione, l’ampliamento dei poteri del parlamento europeo, la politica estera e di difesa comune. Il perseguimento di tali obiettivi è oggi più che mai necessario, tenuto conto delle tante spinte disgregatrici presenti nella realtà internazionale specie dopo l’11 settembre 2001. Sottolineare le radici cristiane dell’Europa è importante: evita che il processo di integrazione si riduca solo ad un fatto economico o di politica di potenza; ma per non farne un elemento di divisione, sarebbe preferibile tener conto anche dei valori della laicità, pure presenti nella storia del continente. L’Europa del resto non si definisce tanto con gli espliciti richiami alle sue radici quanto nell’agire concreto, ad esempio, nella promozione dello sviluppo nel Sud del mondo, nel favore per soluzioni multilaterali nelle crisi internazionali, nel dialogo tra le culture, in una parola, nella costruzione della pace e nella tutela della dignità umana in ogni latitudine.
Pace e solidarietà nell’identità cristiana dell’Unione europea
RADICI CRISTIANE DELL'EUROPA / 8 L'intervento di Luciano Tosi
AUTORE:
Luciano Tosi