Ostia d’amor scesa dal cielo

Siamo ormai immersi nel capitolo 6 del Vangelo di Giovanni. Questa domenica è la tappa centrale delle cinque domeniche dedicate al “poliedro” del mistero eucaristico. Le sue tante facce hanno bisogno di essere ricondotte all’unità. Ci aiutano in queste domeniche anche le “profezie eucaristiche” dell’Antico Testamento, ma soprattutto la lettura attenta di questo lungo capitolo, che nel suo percorso ha dei punti di svolta sottolineati dall’avverbio “allora” (Gv 6,5.11.14.30.34.41.52). Non sono solo un punto di svolta, ma anche una chiave di volta, su cui si regge il passaggio successivo, collegato con il precedente.

“Io sono il pane della vita”

Infatti il Vangelo di domenica scorsa si concludeva così: “Io sono il pane della vita; chi viene a me non avrà fame e chi crede in me non avrà più sete, mai!” (Gv 6,35). Questa netta affermazione non lascia spazio a interpretazioni e provoca il mormorio dei giudei: “Allora si misero a mormorare contro di lui” (v. 41). Così inizia il brano evangelico di questa domenica, che richiama da vicino la mormorazione degli israeliti in Esodo 16,2 contro Mosè ed Aronne; ed è ben più di un “parlottare” contrariato, è una vera e propria ribellione a Dio.

Gesù è visto solo come figlio di Giuseppe

Gesù non è più il profeta da innalzare come re sul trono di Israele (Gv 6,14-15) a motivo della moltiplicazione del pane, ma sembra essere diventato un bestemmiatore. “Come può costui affermare di essere il pane vivo disceso dal cielo?”  affermano i giudei (v. 41). L’incredulità, ancora una volta, nasconde la realtà profonda del segno: gli avversari vedono in Gesù solo il figlio di Giuseppe e i legami terreni dei parenti (v. 42). Anche Luca racconta lo scandalo di un Dio che realizza le promesse in un figlio del falegname. Gesù nella sinagoga di Nazaret rischia la vita nel proclamare l’avvento del Regno (Lc 4,18-21).

Le affermazioni sempre più “scandalose” di Gesù

Il Vangelo prosegue con incedere progressivo verso affermazioni sempre più “scandalose”: “Io sono il pane disceso dal cielo” (Gv 6,41), ossia la vera manna che il Padre continua a donare; “io sono il pane della vita. I vostri padri hanno mangiato la manna del deserto e sono morti” (v. 48-49). E qui Gesù indica di andare oltre l’esempio che i giudei continuano a portare; chiede di andare oltre i ristretti orizzonti dei riferimenti che garantivano le nostre certezze. Infine, “io sono il pane vivo disceso dal cielo” (v. 51), ciò che il Padre dona non è un elemento della natura, ma la rivelazione di Dio stesso (“Io Sono”).

Lo scandalo dell’Incarnazione

Ultimo passaggio, lo scandalo dell’Incarnazione, che raggiunge l’apice: “Il pane che io darò è la mia carne per la vita del mondo” (v. 51). Accanto a questo procedere dall’alto verso il basso, Gesù indica una meta alta verso la quale tendere: la vita eterna. La fede in Lui è garanzia di risurrezione nell’ultimo giorno (v. 44). La fede in Lui è garanzia di vita eterna (v. 47.51). Ma il pane di cui parla Gesù non è solo un viatico per il regno dei cieli: è la forza per costruire il Regno ora, adombrato in quelle opere di giustizia che provengono dalla fede, perché a nessuno manchi il pane quotidiano

Il pane che dà forza

Ma il pane di cui parla Gesù è anche il “pane dei forti” che dà forza, infatti nella prima lettura è profetizzata quell’eucarestia che risolleva i perduti e i disperati. L’angelo porta il pane di vita a Elia: “Alzati, mangia, perché è troppo lungo per te il cammino” (1Re 19,7). Elia, rinfrancato nel corpo e nello spirito, “camminò per quaranta giorni e quaranta notti fino al monte di Dio, l’Oreb” (v. 8). La vicenda di Elia è anche un insegnamento spirituale, il pellegrinaggio verso la “santa montagna” è un ritorno alle radici della fede, dell’alleanza con Dio. Elia era nello sconforto perché la sua missione era fallita; vuole lasciarsi morire (v. 4) perché la sua vita è un fallimento. Ma Dio stesso interviene nella figura dell’angelo, lo nutre con il pane disceso dal cielo, per ricondurlo alle sorgenti dell’amore, nell’intimità di quel Dio che è Padre per sempre.

L’Ostia divina

Sembrano appropriate le parole di un canto eucaristico, molto popolare nelle nostre comunità. Con uno sguardo di contemplazione si canta all’Ostia divina che è “ostia d’amor”, dicendo: “Tu degli angeli il sospiro, tu dell’uomo sei l’onor, tu dei forti la dolcezza, tu dei deboli il vigor, tu salute dei viventi, tu speranza di chi muor”.

Gesù è sempre lì, al crocicchio della strada

Ogni nostra crisi, ogni nostra caduta ha già una strada tracciata da ripercorrere, per superare il passaggio a vuoto che stiamo vivendo. Ritornare a quell’incontro con Lui che ci ha cambiato la vita. Vale per ogni vocazione: ritornare alle radici ci farà scoprire che Dio, con noi, non si era sbagliato… Noi ci siamo distratti un po’, ma Lui è sempre lì al crocicchio della strada, e attende e sorregge il nostro passo.