Lunedì 7 gennaio, alle ore 18, presso il Centro ecumenico ed universitario “San Martino” in Perugia (via del Verzaro 23), gli Uffici diocesani per l’ecumenismo e il dialogo interreligioso e per i problemi sociali e il lavoro, la giustizia e la pace, hanno promosso un incontro dedicato alla 46a Giornata Mondiale della Pace, in particolare per riflettere sul Messaggiodi Papa Benedetto XVI dal titolo “Beati gli operatori di pace”.
Ha introdotto i lavori mons. Elio Bromuri, direttore dell’Ufficio diocesano per l’ecumenismo e il dialogo interreligioso, che ha evidenziato come la proposta di svolgere la Giornata Mondiale della Pace il primo gennaio sia nata per iniziativa di papa Paolo VI, che ha pensato di catalizzare l’attenzione dei cattolici sulla pace con l’idea che il messaggio doveva essere portato ai capi di Stato. Il titolo Beati gli operatoridi pace il fatto che non basta parlare di pace, ma occorre anche farla concretamente. Mons. Bromuri ha ricordato che le iniziative del Centro Ecumenico San Martino e del Centro Internazionale di Accoglienza – Ostello della Gioventù di Perugia si situano proprio in questo solco del lavoro per la pace, in cui si mettono insieme in pacifica convivenza persone di credo religioso, estrazione sociale, sesso, popoli diversi.
Mons. Fausto Sciurpa, direttore dell’Ufficio diocesano per i problemi sociali e il lavoro, la giustizia e la pace, ha continuato l’introduzione ai lavori commentando alcuni punti del messaggio di Benedetto XVI. Un primo punto è stato il fatto che il documento è stato letto da una certa stampa in modo riduttivo, in realtà il discorso rientra in un contesto più articolato e fondamentale che è anche uno dei temi dell’attuale magistero di Benedetto XVI sull’integrità dell’uomo, che quando ricerca l’individuo facendone un assoluto senza tener conto del contesto in cui quest’ultimo si trova, rompe il contesto di vita, rompe la pace nel senso dello shalombiblico, come pienezza di tutte le condizioni che caratterizzano l’uomo.
Durante la serata sono state proposte testimonianze concrete di impegno per la pace, come per esempio quella presentata da Lucia Maddoli, impegnata a diffondere la cultura della pace realizzando progetti di cooperazione internazionale in Medio Oriente. Ha riportato la sua esperienza del 2008 in Libano: dal timore iniziale perché il Libano era considerato dalla comune opinione pubblica un Paese di guerra, allo scioglimento di tale paura come neve al sole, quando si è aperta all’altro e l’altro l’ha accolta. Un modo concreto per vincere la paura che si basa sulla ignoranza, che genera il non dialogo e il conflitto. Il Libano le ha insegnato diverse cose, in primo luogo quanto sono fortunati coloro che sono nati dopo il Vaticano II, che non hanno sperimentato cosa sia la guerra, in secondo luogo come in Libano è stata possibile la convivenza tra popoli e religioni diverse con grande rispetto l’uno per l’altro.
Successivamente c’è stata la testimonianza di Flavio Lotti da anni impegnato a livello nazionale e internazionale per diffondere la cultura della pace. Ripercorrendo la sua esperienza Lotti ha evidenziato come la terra umbra sia uno scrigno preziosissimo in cui si sono concentrati tanti percorsi di pace. Per questo fa pensare il fatto che il messaggio del papa su un tema così universale che mette d’accordo credenti e non credenti, non abbia suscitato l’attenzione che merita da parte dei media o della comunità internazionale. Un’ulteriore notazione riportata da Lotti riguarda la questione che la pace chiama in causa l’azione personale ma anche collettiva. Si possono dare tante definizioni di essa, ma quella che sembra definirla meglio riguarda i diritti umani, cioè c’è pace solo quando vengono riconosciuti i diritti fondamentali di tutti. E operare per la pace vuol dire operare per il pieno riconoscimento di tutti i diritti umani per tutti.
L’incontro si è concluso con le molte sollecitazioni e domande suscitate nel pubblico presente.