Viviamo spesso come un persistente Venerdì santo, che non approda mai all’alba della Risurrezione. Un’angoscia mortale prende la mente che si sofferma a considerare la sorte di tanta parte dell’umanità immersa in una palude di miseria, ignoranza e oppressione. Condizioni disumane, così tante, gravi e diversificate che non si possono raccontare, e vanno dalle malattie alla guerra. La Pasqua 2007 non è una festa allegra e spensierata. Forse nessuna Pasqua della storia lo è mai stata, se non per i pochi che si sono ritagliati spazi privilegiati di contemplazione mistica, nella quale hanno avuto la visione consolatrice di Isaia. Per gli altri, pur credenti che hanno accolto la testimonianza della tomba vuota, è talmente vicina la tragica esperienza della Passione che non si riescono a scrollare di dosso il peso della tristezza e delle lacrime. Oggi la pena assume dimensioni globali e si nutre di dolori lontani, oltre a quelli vicini, che si mescolano nell’inquietudine e nella solitudine di tanti singoli chiusi in se stessi. C’è una pena anche per la Chiesa, che in questi tempi, pur godendo del consenso di folle esultanti, soffre dovendo sperimentare rifiuti e incomprensioni, alcune persino inedite, come quella che presume di identificare analogie tra i termini ‘cristiani’ e ‘cretini’. Soffre pertanto perché sente di non essere percepita dai molti, se non da tuti, come il popolo dell’annunzio pasquale di risurrezione e vita. Una sofferenza percepita anche alla base della comunità cristiana (vedi lettera al direttore). Eppure i cristiani credono e annunciano che il Signore è risorto e lo annunciano tutti i cristiani sparsi nel mondo unitariamente, ortodossi cattolici ed evangelici come un unico popolo di Dio. La risurrezione di Cristo è un dato della fede cristiana che la rende unica e radicalmente diversa da tutte le altre, per il paradosso – che nessuna mente è in grado di sostenere – che un uomo ha vinto la morte per sé e per tutti. Dalla tomba vuota del Figlio di Dio divenuto Figlio dell’uomo scaturisce l’annuncio che il popolo credente non potrà nascondere o dimenticare, ma offre come specifico dono all’intera umanità perché si rialzi e vinca il suo malessere. A questo annuncio di fede si aggancia la speranza di un mondo nuovo e di una nuova luce, un nuovo punto di vista per guardare la vita e la storia. Si può sperare l’insperabile, si può vincere, l’invincibile. La mente si spinge oltre la siepe del mistero, illuminata dalla speranza. La Pasqua è l’antidoto al nichilismo, al disfattismo e all’angoscia. Gli uomini e le donne che si sono lasciati guidare da questa luce ed hanno operato seguendo la logica della vita e dell’amore sono una moltitudine, anche oggi. Nuove creature rinate per il battesimo ad una visione nuova del significato del vivere e del morire, dell’operare e dell’essere. Sono i testimoni della speranza, alcuni dei quali sono stati additati nell’arena di Verona al Convegno della Chiesa italiana che portava il titolo ‘Testimoni di Gesù risorto speranza del mondo’. Essere tali è un felice augurio per tutti.
Oltre la siepe del mistero
AUTORE:
Elio Bromuri