Non so se si debba ammirare chi ha idee chiare e distinte, di evidenza cartesiana, in questo momento in cui domina la nube oscura su quella Terra Santa dove è sprigionata la luce della rivelazione. Non so se si possa dire “trovo vergognoso” questo o quello in una stessa direzione. Temo piuttosto che l’unilaterale schieramento sia il frutto di uno sfogo passionale e appassionato. Le coscienze della maggior parte delle persone che cercano di riflettere, senza appoggiarsi a ideologismi e partiti presi, sono perplesse e coperte dalla nube del dubbio per quello che accade nella Terra Santa. La luce che là è apparsa in tutto il suo fulgore sembra vinta dalle tenebre dell’odio. Non ha trovato riparo il messaggero di pace e nessun riscontro il suo messaggio, proprio là dove ha cercato di incontrare i suoi. La pace è sconfitta e umiliata anche a Betlemme, la città che si chiama “casa del pane”. Tutti cercano il colpevole e il colpevole c’è, esiste e si porta sulle spalle una tragica responsabilità. Ma il colpevole non è solo Sharon e non solo Arafat, non è un singolo, né soltanto un popolo o due popoli. Il colpevole è un soggetto collettivo che si trova dentro e anche oltre i confini dei territori in conflitto ed è sostenuto da strutture di peccato e di morte che regnano nel mondo. Non si vuole con ciò allargare la conflittualità, ma la sfera delle responsabilità, quelle attuali e quelle remote. Non esiste, infatti, una politica neutrale e neppure una politica settoriale. Nel mondo globale tutto si tiene e il forte disagio che attanaglia l’umanità è esploso nel tessuto più a rischio. Non esistono governi infallibili e non si possono attribuire accuse infamanti, come antisemitismo, antigiudaismo, islamofobia, razzismo, a coloro che cercano di fare diagnosi politiche oggettive e disinteressate e a spostare i termini del problema verso il futuro, piuttosto che rimanere incatenati al presente e al passato, indicando soluzioni concrete anche se parziali. Dire queste cose che sembrano mettere lo scrivente al di sopra delle parti, non significa lavarsi pilatescamente le mani, ma richiamare all’uso della ragione, della moderazione, della riflessione, del buon senso, della preveggenza riguardo al futuro e soprattutto della pietà. La pietà per le carni lacerate, per il sangue versato, per le popolazioni umiliate, impaurite, insicure, in continuo pericolo, che vivono allo stremo della tensione nervosa. Deve cessare il tempo del fanatismo e dell’eroismo. Guai a quel popolo che ha bisogno di eroi e di martiri, veri o fasulli. E’ stato detto, in altri contesti, che il sonno della ragione produce mostri. C’è da aggiungere il sonno e l’abbandono della pietà, come ostinarsi a non dare cibo, acqua e luce ai frati e alle suore del convento della Basilica della Natività. Si può ricominciare da questo. Non sarebbe troppo difficile e potrebbe costituire il primo vagito di una speranza proprio nel luogo della nascita del messaggero della pace. Più che litigare in televisione e demonizzarsi a vicenda i partiti e i governi dovrebbero cercare di favorire gesti concreti che spostino il conflitto oltre il fronte dell’inimicizia.
Oltre la nube
AUTORE:
Elio Bromuri