Non sono ancora trascorsi due anni dalla sua elezione, e l’aneddotica su Papa Francesco continua a lievitare nei contenitori dei mass media, lenta e sicura, come il pane di una volta nella mattra. Bene, ma solo come primo approccio con questo Vescovo di Roma che quel 13 marzo 2013 si è presentato al mondo come “uno che viene dalla fine del mondo”, mentre in realtà veniva e viene da molto, molto più lontano: viene dal cuore di Cristo, dalla sua inesausta e inesauribile passione per l’uomo. E gli aneddoti rischiano di farlo dimenticare, questo dato centrale. A riprova di questo, il polverone sollevato intorno ad alcuni punti non fondamentali dalla relazione tenuta dal card. Kasper (il problema dell’accesso alla penitenza e all’eucaristia da parte dei divorziati risposati, il problema della dignità che va garantita anche agli omosessuali nella Chiesa). Ma andiamo per ordine. Il Sinodo dei vescovi è un’istituzione permanente del Collegio episcopale della Chiesa cattolica, istituito da Paolo VI nel 1965 con il “motu proprio” Apostolica sollicitudo. In risposta ai Padri del Concilio che volevano mantenere viva quell’esperienza.
Dal 1965 a oggi il Sinodo dei vescovi – regolamentato dai can. 342-348 del Codice di diritto canonico, che stabiliscono, fra l’altro, che la sua attività è sempre convocata, presieduta e conclusa dal Papa – ha tenuto per tredici volte la sua assemblea, sempre con il compito di aiutare con i suoi consigli autorevoli il Papa nel governo della Chiesa universale. Papa Francesco ha indetto nel 2014 la 14a assemblea generale ordinaria del Sinodo dei vescovi, che si chiuderà nell’ottobre prossimo. A tema, la famiglia, vista però non in sé, cioè in chiave filosofica o anche teologica tradizionale, tanto meno in chiave intimistico-sentimentale, bensì nella sua vocazione e missione nella Chiesa e nel mondo contemporaneo. Capito bene?
Vocazione e missione. Universali l’una e l’altra, sia nella Chiesa che nel mondo contemporaneo. Ma… “vocazione” a che cosa? “Missione” a quale fine? “La famiglia assume per la Chiesa un’importanza del tutto particolare e, nel momento in cui tutti i credenti sono invitati a uscire da se stessi, è assolutamente necessario che la famiglia riscopra se stessa come soggetto imprescindibile per l’evangelizzazione”. Mio Dio! Non di rado, quando vengono a chiederci di sposarsi in chiesa, i due piccioncini, appena delibata la benigna paternale di prammatica come un tè leggero, passano subito alle cose serie: i fiori per l’altare, la musica, il fotografo. Il fotografo: una volta, quand’ero parroco a Padule, arrivò un fotografo con una quantità di macchine spropositata, operò veloce, occupò tutto l’occupabile, al punto che gli chiesi se mi permetteva di celebrarlo, quel matrimonio, e lui mi disse di sì. Avrebbe sorriso, se fosse stato presente alla scena Papa Francesco? Credo proprio di no. Perché? Vedremo.