Il 29 maggio i Vescovi italiani, a chiusura della loro 59a Assemblea, hanno deciso se assumere l’educazione come argomento centrale sul quale tutto il mondo ecclesiale – composto da diocesi, parrocchie, movimenti e associazioni – sarà chiamato a riflettere per il prossimo decennio. ‘La questione educativa: il compito urgente dell’educazione’ è stato il tema che ha fatto da sfondo ai lavori assembleari, presentato da mons. Diego Coletti, vescovo di Como e presidente della Commissione episcopale per l’educazione cattolica, la scuola e l’università. A servizio del bene. ‘Mettendo a tema la questione educativa – ha spiegato mons. Coletti – la Chiesa non fa un discorso di bottega. Non vogliamo attirare le persone nella sfera delle fede, quasi ad aumentare gli utenti ecclesiali. Ci preoccupa soltanto di mettere a disposizione alcune ricchezze di senso e di valore, sulle quali poi andrà svolto un ragionamento insieme. Ma sarebbe una latitanza grave non farlo’. Insomma, ciò che spinge la Chiesa ad assumersi la responsabilità educativa dei giovani è, ha aggiunto il Vescovo, ‘la nostra passione per Gesù e per il Vangelo. Abbiamo ragioni da mettere a disposizione di tutte le persone pensanti, finalizzandole al bene comune’. La Chiesa chiama quindi credenti e non credenti, per dare vita ad un dialogo, per altro già esistente, ‘uno scambio, una relazione e un arricchimento reciproco tra persone che sono tutte pensanti’. Meno allarmismo, più fiducia. Mons. Coletti – che in passato ha svolto un dottorato in Filosofia alla Gregoriana ed è stato assistente diocesano dell’Agesci e dell’Azione cattolica – non ha uno sguardo pessimistico rispetto alla realtà educativa del Paese. ‘Non vogliamo – ha detto – far suonare allarmi, ma inviti alla fiducia e alla speranza. Constatiamo che gli educatori si sentono paralizzati perché evidentemente sopravvalutano l’allarme e sottovalutano le risorse che hanno. Tendono allora a tirarsi indietro: i genitori sono spesso smarriti, gli insegnanti demotivati. E la paura è spesso una pessima consigliera. La Chiesa – ha subito aggiunto – tiene conto, senza false ingenuità, che la situazione ambientale è difficile e pesante. È attraversata da derive e orientamenti culturali che incidono sul bene, sul vero, sul bello. Il vero è ridotto al sapere come, per cui il senso è sottoposto a totale relativismo e consenso di maggioranza. Il bene viene identificato con l’utile e con l’utile per me contrapposto all’utile per più persone’. Infine – ha proseguito mons. Coletti nella sua analisi – si assite ad ‘una riduzione della bellezza, che si identifica con ciò che mi eccita emotivamente, e non con ciò che mi chiama ad uscire fuori da me stesso come vocazione al bene e al vero’. Il Vescovo ha spiegato che ciò non vuol dire che la Chiesa non apprezzi ‘il senso scenico’ del vivere. ‘Ciò che crea il guasto è quando la bellezza diventa l’unico e decisivo elemento per cui tutti gli altri sono secondari’. Da qui un appello anche agli operatori dei mezzi di comunicazione, ‘un mestiere – ha detto – che ha delle responsabilità gravi’. Effettiva parità scolastica. In tema di educazione il Vescovo di Como ha ribadito l’importanza di agenzie educative come la famiglia e la scuola. Quest’ultima non deve essere penalizzata da scelte operate solo su criteri di natura economica. ‘La scuola è l’ultimo componente al quale si possono chiedere sacrifici di risorse. Questo lo diciamo non sulla base di criteri economici o finanziari, ma in base alla preoccupazione prevalente che abbiamo per i nostri bambini’, ha puntualizzato mons. Coletti, rivendicando anche il diritto ad una ‘reale parità scolastica’. ‘Facciamo fatica con qualsiasi Governo a far passare l’idea di una parità reale che è affermata dalla legge. Questa fatica si configura nel chiedere allo Stato se può fare l’elemosina quando, invece, si tratta di un sacrosanto diritto, sul quale l’Italia è arretrata rispetto alla grande maggioranza dei Paesi d’Europa. Il bambino che frequenta la scuola pubblica non statale – ha proseguito mons. Coletti – fa risparmiare allo Stato dai 3.500 ai 6.000 euro all’anno’. Un risparmio notevole, se si pensa che ‘gli alunni che frequentano la scuola cattolica sono molte centinaia di migliaia’. Per il Vescovo, il finanziamento alle scuole pubbliche non statali ‘non è un onere ma una redistribuzione del reddito alle persone che ne hanno diritto. A noi sta a cuore tutta la scuola e sappiamo bene la fatica improba che fanno gli insegnanti anche delle scuole statali a fare bene il loro lavoro. Non è una contrapposizione: più di qui, e meno di là’. E conclude: ‘Stiamo cercando a livello di dibattito culturale e politico di far passare questa idea: non è bello che possano scegliere una prospettiva educativa per i propri figli solo coloro che hanno redditi alti, ma dovrebbe essere un diritto riconosciuto a tutti i cittadini. Lo Stato dovrebbe farsi carico di questo servizio pubblico, laddove il pubblico non è sempre e necessariamente statale, perché questo sarebbe statalismo della peggiore specie’.