venerdì, 24 Gennaio 2025
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HomePAROLA DI VESCOVOOccidente senz'anima

Occidente senz’anima

L’occidente rischia di perdere l’anima’ scriveva pochi giorni fa un noto filosofo su uno dei più diffusi nostri quotidiani, e concludeva: ‘Ma se non rinnegherà i valori cristiani, potrà salvarsi’. Messo in bocca ad un filosofo, che pur si dichiarava anche non credente, quest’affermazione è di grande importanza. In questo nostro mondo postmoderno, in cui dominano la scienza, la tecnica e gli strumenti audiovisivi, l’anima sembra infatti che stia sempre più scomparendo. Ma non è colpa né della scienza né della tecnica. Esse fanno il loro mestiere. La colpa è di chi sta sta vivendo in questo mondo artificiale senza vita interiore, cioè senz’anima. E sembra che costoro stiano aumentando di numero, secondo il suddetto articolista. Perdere l’anima significa perdere la coscienza della propria origine e della propria destinazione. Perché in essa Dio è già virtualmente presente, immanente e trascendente insieme, in quanto l’anima è stata creata a sua immagine e somiglianza: ‘Non uscire fuori di te stesso; la verità abita nell’uomo interiore’ dichiarava sant’Agostino e poi precisava: ‘Se troverai che la tua natura è mutevole, trascendi te stesso. Ma quando trascendi te stesso, ricordati che trascendi l’anima razionale: tendi là dove s’accende il lume stesso della ragione’ ( La vera religione , 39,72). Non bisogna andare dunque molto lontano, né molto in alto, per risolvere il problema della nostra anima. Sta alla radice del nostro intendere e volere, della nostra autocoscienza, della nostra vita spirituale. Anche se poi è difficile esprimere ciò che intuitivamente abbiamo presente. Questa difficoltà la provava già sant’Agostino stesso: ‘Ogni volta che, in quella creatura che noi siamo, volli mettere in luce qualcosa di simile a ciò che essa è, la mia parola non fu capace di seguire anche il più piccolo mio pensiero; anzi nel mio stesso pensiero vidi che c’era più uno sforzo che un risultato’ ( Commento del Vangelo di Giovanni , 63,3). Ma ‘la visibilità della carne di Cristo ci indica un cammino ( iter ) da percorrere più che una visione da contemplare’, faceva notare. Alla contemplazione bisogna unire l’imitazione. E avere così un terreno solido su cui camminare. E questo particolarmente ci interessa anche oggi. Viviamo infatti in un tempo in cui le cose vecchie non sembrano più su misura dell’uomo moderno. E tuttavia le cose nuove, più adatte ai bisogni e alle attese dell’uomo postmoderno, non ci sono ancora. Questo vuoto di modelli di vita lo chiamiamo crisi. La scienza e la tecnica non sanno però dare modelli di vita. Non è il loro compito. Forniscono solo mezzi, strumenti; ma per fare che cosa? C’è oggi abbondanza di mezzi, ma c’è crisi di fini, di ideali, di valori. Chi crede e chi non crede si trova d’accordo almeno in questo: un mondo così fatto non va bene. E tutti aspettiamo che qualcosa cambi. Bisogna dunque offrire modelli di vita all’uomo d’oggi, e questo per rispondere alle attese all’interno e al di fuori della Chiesa. Anche per non perdere l’anima, come si diceva.

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