Pasqua, tempo di liturgie penitenziali. Quanta gente non partecipa a nessuna liturgia penitenziale perché è convinta di “Non aver fatto niente di male”? Quante gente, trai i pochi (troppo pochi) che si confessano nella forma tradizionale, fanno fatica a trovare qualcosa di cui accusarsi, per non dover dire al prete (che pure lui il suo “mestiere”deve farlo!): “Non ho fatto niente di male”? Amico mio, il guaio è che, quando lo dici in piena libertà, senza particolari ricatti (“Non ho fatto niente di male”), lo dici con la faccia soddisfatta. Ma vuoi che il Signore sia morto in croce perché noi non facessimo niente di male? Il tema della confessione/penitenza/riconciliazione è uno di quelli che la Chiesa nel suo insieme dovrebbe riprendere ab imis, perché non è possibile fare Chiesa usufruendo di sei sacramenti invece che di sette, soprattutto quello abolito è il sacramento che ratifica il primo di tutti i passi, la conversione. L’accelerazione del mutamento storico/culturale, se è stata rapida nella seconda metà dell’800 e rapidissima nella prima metà del 900, è stata supersonica nelle seconda metà del 900, e promette di esserlo anche di più in questo abbrivo del terzo millennio. Su questo sfondo, riprendere ab imis il tema della confessione vuol dire ripensare in radice il concetto stesso di peccato. “Non ho fatto niente di male”. Ma vuoi che il Signore sia morto in croce perché noi non facessimo niente di male? Invecchiando si ricordano nitidamente le cose dell’infanzia, si ricordano confusamente o si dimenticano del tutto alcuni degli eventi più recenti: anche da questo punto di vista, oltre che dalle gambe che cominciano a traballare, sto sperimentando anch’io cosa significa invecchiare. L’altro ieri, in macchina, nitido, inatteso m’è tornato in mente il canto della Prima Comunione: “Gesù mio, io ti credo qui presente innanzi a me: sei nascosto, eppur ti vedo con gli occhi della fe’:”; il ritornello: “O Gesù, quanto sei buono! Quanto amor nutri per me! Ti ringrazio del gran dono che m’hai fatto, o Re dei re”; e la seconda strofe: “Gesù mio, io t’adoro qui presente nel mio cuor, e degli angeli col coro, canto a Te l’inno di amor”; e di nuovo il ritornello. “O Gesù, quanto…”Oggi i nostri ragazzi migliori ci hanno insegnato a cantare qualcosa di totalmente diverso: “Vieni con me! Ti darò da fare ogni giorno il mondo, ma se tu lo vuoi…” “Fare il mondo”. Il Signore è morto in croce anche perché noi non facessimo niente di male, non solo, e nemmeno soprattutto. “Fare il mondo”, caspitina. E rifarlo quando occorre, cioè sempre. Il Signore è morto in croce per fornirci di tutto quanto occorre, a tutti i livelli, per costruire un mondo nuovo. E noi ogni giorno gli diciamo di no. Educatamente. Un po’ per volta. Gentili e decisi. No! Pensi ancora, amico mio, di “Non aver fatto nulla di male?”.