di Daris Giancarlini
Diceva Mark Twain che “se il voto servisse davvero a qualcosa, non ci lascerebbero votare”. Valutando numerosi commenti e analisi sulla legge elettorale predisposta per il voto del 4 marzo, il cosiddetto ‘Rosatellum’, la propensione a ritenere poco decisivo – in questa occasione – il recarsi o meno alle urne non sarebbe priva di fondamento. È forte la possibilità che il nuovo sistema elettorale non garantisca maggioranze certe. Questo indebolisce la motivazione del voto, se viene ritenuto non decisivo per il futuro del Paese e per la sua governabilità. D’altronde, esaminando i meccanismi del ‘Rosatellum’ si ravvisano margini di manovra molto risicati per l’elettore, a partire dal fatto che soltanto un terzo degli eletti sarà scelto dai cittadini. Poco, troppo poco. L’aggettivo più benevolo usato da analisti e commentatori per l’attuale legge elettorale (che sarà cambiata nella prossima legislatura) è ‘pessima’. I suoi detrattori, ma non soltanto, dicono che è stata pensata per non far vincere nessuno, e per creare uno sbocco politico ‘obbligato’ il 5 di marzo, cioè un governo destra-sinistra di larghe intese che escluda il Movimento 5 stelle. Ma il compito di un sistema elettorale non è fotografare l’esistente, quanto invece di permettere ai cittadini di esprimere le loro preferenze, e ai partiti e movimenti di provare a partecipare.
Chi sono i candidati al Senato per l’Umbria? Leggi l’ analisi delle liste elettorali nella nostra regione
Prevedendo inoltre dei meccanismi per facilitare la formazione di maggioranze. Non sembra il caso del ‘Rosatellum’. Tutto questo, insieme ad altri fattori quali il protrarsi della crisi economica, crea tra i cittadini una situazione di incertezza in vista del voto, con la quota di indecisi che, secondo i sondaggi più recenti, si sarebbe stabilizzata sopra il 40 per cento. Altri sondaggi evidenziano che, in caso di impasse dopo il voto, la maggioranza degli italiani sarebbe favorevole a tornare subito alle urne; e contraria ad altri esperimenti di grande coalizione. Dunque, votare comunque viene considerato dai più come massimo esercizio di democrazia. Alle politiche del 2013 andò alle urne il 75,2 per cento degli aventi diritto, il minimo storico per una tornata politica in Italia. Le previsioni convergono su un aumento dell’astensionismo per il 4 marzo. Ma, fatti tutti i ragionamenti del caso su crisi dei partiti e della politica, l’unico strumento che hanno in mano i cittadini per migliorare le cose resta ancora il voto. Non utilizzarlo rischia di favorire il degrado della politica. “La democrazia è sopravvalutata”, dice il cinico protagonista di una fortunata serie televisiva americana. Ma di meglio, finora, non è stato trovato.