La tragica vicenda in cui è stato ucciso l’agente della polizia ferroviaria Emanuele Petri, di cui è iniziato il processo a Firenze, riacquista in questi giorni la sua triste attualità e rinnova lo sdegno e il dolore. Al di là della vicenda giudiziaria a noi interessa in modo particolare e ci ferisce, per una ragione molto semplice ed evidente: la relazione di conterraneità e di solidarietà con la famiglia della vittima che abita a Tuoro sul Trasimeno. Abbiamo anche il dovere di ricordare l’uomo Petri che ha rappresentato un esempio di vita per tutti. Era il 2 marzo dell’anno scorso quando due brigatisti, Nadia Desdemona Lioce e Mario Galesi, scoperti nel treno da Terontola a Firenze reagiscono. L’agente Petri rimane ucciso con un colpo di pistola esploso a bruciapelo da Galesi, che a sua volta rimane colpito a morte. La moglie di Petri, Alma, presente al processo, più ancora che con parole esprime tutto il dolore e la rabbia con il suo volto teso e segnato dal ricordo. Ha di fronte a sé la Lioce, alla quale non rivolge lo sguardo, “come se non esistesse”, e si lamenta che alla brigatista si dia troppa importanza. Purtroppo la signora Petri ha ragione. Nella nostra distorta mania di fare notizia ad ogni costo spesso volgari assassini e violenti terroristi vengono circondati da tante attenzioni e vengono posti alla ribalta come se potessero emanare messaggi ideali e esempi di vita; alcuni sono diventati scrittori, conferenzieri, maestri di pensiero. Essi dovrebbero invece solo confessare errori e chiedere perdono per il sangue versato, il danno irrimediabilmente prodotto e il dolore provocato. I giornalisti, invece, normalmente vanno a domandare alle vittime se sono disposte a perdonare. Domande indiscrete, inopportune, intempestive, imprudenti. Non che non sia giusto proporre, dalle persone giuste e nei tempi e nei modi debiti, di giungere al vertice della perfezione cristiana perdonando chi ti ha fatto del male. Ma è necessario, razionalmente e umanamente, per ristabilire la giustizia violata, che sia l’aggressore a chiedere perdono alle persone offese e alla società. Sembra che la Lioce abbia un comunicato da leggere, sulla scia dei brigatisti tristemente conosciuti che hanno la pretesa di giustificarsi con pseudoragioni politiche e ideologiche, che sono solo un paravento per mascherare la loro vigliaccheria. Ho usato questo termine, vigliaccheria, perché le persone uccise dai brigatisti, non sono dei violenti e fanatici oppressori del popolo, ma un onesto poliziotto, un politico tra i più ideali e puri come Aldo Moro, un santo professore come Vittorio Bachelet, giornalisti senza potere come Casalegno e Tobagi, professori e studiosi come Biagi e D’Antona che cercavano di migliorare la condizine del lavoro in un mondo capitalistico globale. Si potrebbe continuare nell’elenco. Gente che viveva con la forza del pensiero e della ragione e che invece è stata annientata con la ragione della forza bruta. Ricordando Petri non si può frenare lo sdegno che, per non essere sterile, deve trasformarsi in scelte politiche, morali e culturali coerenti.
Non solo sdegno e dolore
Le BR sono tornate tristemente d'attualità in questi giorni, con il processo a Nadia Lioce accusata di essere complice dell'assassinio di Emanuele Petri
AUTORE:
E. B.