In estate, normalmente e secondo l’opinione corrente, ci si deve salvare dal pericolo degli incendi. All’inizio del periodo estivo infatti abbiamo visto scene di fuoco devastante in alcune parti del mondo. E ciò che ha colpito l’Italia e anche l’Umbria (ne parliamo in altra parte del giornale) è la siccità, quella dovuta ad eventi naturali, la mancanza di pioggia sufficiente e l’incuria degli uomini che si ricordano dell’acqua solo quando manca. Allora protestano come se si potesse far scaturire improvvisamente una sorgente dalle pietre come fece Mosè nel deserto percuotendo con la sua verga la roccia. Nello stesso tempo lo strano, irregolare, imprevedibile comportamento della natura provoca alluvioni di campi e di case con una violenza distruttiva irrefrenabile. Ieri sera ho visto un arcobaleno che è segno di speranza oltre la tempesta. Il cielo che si fa rassicurante e si rasserena divenendo terso e luminoso come non mai, dimostrando che la “creazione geme”, ma non muore ed è pronta ad una nuova alleanza con l’umanità, dopo averla ammonita ad essere più attenta e responsabile nei suoi comportamenti. La natura dovrebbe essere considerata sempre come madre e anche maestra e non semplicemente come mucca da mungere e pecora da tosare. Si parla sempre di più di “ecologia” che sembra una parola nobile ed aristocratica, una parola giusta che dovrebbe essere conosciuta studiata e approfondita come l’altra parola “economia, “più diffusa ed antica, più interessata, che ha qualche affinità di radice con la prima. Ma ci sia concesso di dire semplicemente che come non si scherza con il fuoco, così non si scherza con l’acqua e con la natura in generale. L’uomo contemporaneo deve imparare che non è onnipotente creatore del cielo e della terra e deve riconoscere limiti al suo agire e al suo potere. Sulla scia di grandi maestri di umanesimo che hanno scritto utopie e paradossi come la Città del sole, Elogio della pazzia, Atlantide, verrebbe voglia di scrivere un rudimentale “Elogio della paura”. Aver eliminato del tutto questo sentimento che in passato era eccessivo ed aveva bloccato la ricerca anche scientifica dell’umanità di fronte a fantasmi e tabù inesistenti forse ha costituito una perdita di realismo e di prudenza, di attenzione e di avvertenza del pericolo. Certo sarebbe meglio parlare di “timore” in senso biblico, che di volgare paura. E sarebbe nella linea di quello che ha ricordato recentemente il card. Martini, di riprendere in mano la Bibbia, il grande libro della sapienza e della morale umana capace di costruire una civiltà degna di questo nome, come quella costruita dai monaci nel Medioevo europeo. Ma la gente di oggi preferisce le scorciatoie e non si deve aver paura di usare la parola per avvertire i ragazzi e gli adolescenti a non scherzare con il fuoco, con l’acqua, con le armi, con la velocità, con la droga o con la sessualità selvaggia, con le passioni violente e così via. Se questo sarà fatto da educatori veri e non da profeti di sciagura, non verranno formate personalità inibite, impacciate e incapaci di azione, ma soltanto più avvertite e responsabili.
Non si scherza col fuoco e neppure con l’acqua
AUTORE:
Elio Bromuri