di Daris Giancarlini
Quanti ragazzi, negli ultimi 40 anni, hanno frequentato lezioni di storia alle superiori in cui si approfondivano i fatti successi in Italia dopo l’8 settembre 1943? Chi di loro sa effettivamente cosa è successo alle Fosse Ardeatine, o a Sant’Anna di Stazzema, ma anche soltanto a Orvieto e a Gubbio? Hanno coperto di insulti, definendolo nel più benevolo dei casi “un imbecille”, il 20enne che, dopo aver segnato un gol sul campo del Marzabotto, si è tolto la maglia della sua squadra ed è andato verso la tribunetta dello stadio esibendo una maglietta con la bandiera della Repubblica di Salò, insieme ai suoi baffetti alla Hitler e al saluto fascista. Il giorno dopo ha chiesto scusa: “Non ero consapevole delle conseguenze dei miei gesti”, si è giustificato. È la pura verità: non soltanto non sa cos’è successo a Marzabotto, borgo di montagna dell’Appennino tosco-emiliano dove vennero trucidati dalle truppe tedesche in ritirata la quasi totalità degli oltre 1.800 abitanti (compreso un bimbo di due settimane), ma non ha neanche coscienza di cosa voglia dire andare a esibire proprio in quel luogo, davanti a quelle persone, le proprie, probabilmente raffazzonate idee politiche. Questo, lui e quelli come lui: quelli che nelle curve degli stadi italiani esibiscono le svastiche, o utilizzano l’immagine di Anna Frank per dileggiare la tifoseria avversaria. È tutto un inno all’ignoranza, all’incuria culturale, alla trascuratezza della memoria: si lascia fare, si evita di ricordare e approfondire, a ogni livello educativo, senza rendersi conto (o peggio, gestendo il tutto con una malcelata compiacenza) che, se non si coltiva la memoria di ciò che la storia ha catalogato come errori e nefandezze (tutti gli errori e tutte le nefandezze, qualunque sia il colore politico-ideologico che hanno assunto a suo tempo), si espone la società intera a dei ‘ritorni’ di cui, francamente, non si sente alcuna necessità. Ma coltivare la memoria e approfondire i fatti sono esercizi sempre meno di moda, in un contesto sociale in cui il flusso continuo di notizie ci fa sentire al centro del mondo senza però la possibilità di capire effettivamente cosa stia succedendo, in una confusa marmellata di vittime e carnefici, di buoni e cattivi, di residui della storia e di facitori di futuro. Così la memoria di assopisce, e i mostri ritornano.