Al 2 novembre sono 14 i decessi in Italia provocati dall’influenza A/H1N1. Di questi ben 8 a Napoli, al punto che si parla già di “caso Campania”. Crescono anche i ricoveri in diversi ospedali della Penisola. Da martedì 3 novembre la Croce rossa italiana (Cri) sta consegnando un milione e 200 mila dosi di vaccino contro l’influenza A/H1N1. Si tratta della terza distribuzione ad opera della Cri, incaricata dal ministero della Salute che ha detto di fare affidamento “sull’esperienza e sulla autorevolezza in ambito sanitario dell’organizzazione umanitaria italiana”. Della diffusione del virus A/H1N1 ne parliamo con Roberto Cauda, direttore dell’Istituto di clinica delle malattie infettive del Policlinico Gemelli di Roma (Università Cattolica). Professore, può tracciare un quadro della situazione attuale? “Non siamo davanti ad un evento imprevisto né tantomeno straordinario. Sappiamo che ciclicamente – nel passato secolo è avvenuto tre volte – si possono verificare delle pandemie. Ricordiamo la spagnola, la più devastante anche perché si verificò a ridosso della prima Guerra mondiale; la seconda, nel 1956, l’asiatica; e la terza, nel 1968, l’Honk Kong. Aspettavamo una nuova pandemia nel 2005, quando ci fu una grande apprensione per il virus A/H5N1, l’aviaria. Pensavamo che questo sarebbe stato il virus pandemico e, invece, abbiamo l’attuale A/H1N1”. Si parla di pandemia: che cosa s’intende con questo termine un po’ allarmante? “La parola pandemia, che per alcuni rappresenta fonte di preoccupazione, è solo un termine tecnico che rappresenta uno sviluppo contemporaneo di un virus in più Continenti. È chiaro che questo l’attuale A/H1N1 merita un’attenzione maggiore di quelli di stagione proprio per la sua diffusione ampia e veloce. Aspettavamo il picco per Natale ed invece questo si sta verificando a ottobre-novembre. Ci sono più motivi, pertanto, per prendere la cosa in modo serio, come sembra stiano facendo i media, le agenzie nazionali e internazionali, i medici. Ma non si deve cadere nel panico: questa influenza pandemica ha una mortalità inferiore a quella di stagione, che provoca ogni anno, solo in Italia, dai 4 mila agli 8 mila decessi. Certamente questi numeri non devono farci dimenticare le vittime attuali. Il numero dei casi non è edulcorabile in niente”. È in corso la distribuzione del vaccino: sull’opportunità di vaccinarsi o meno si sentono pareri discordanti. Qual è il suo? “Io andrò a vaccinarmi. La vaccinazione è auspicabile e necessaria soprattutto per alcune categorie di persone: il personale medico e di servizio alla popolazione, ma soprattutto quelle in cui la malattia potrebbe decorrere in forma più grave, come nelle donne in attesa, i cardiopatici, gli asmatici, i diabetici, gli obesi, gli immunodepressi e via dicendo. Resta aperto il capitolo sull’opportunità di vaccinare i bambini che, per varie ragioni, sono sicuramente quelli che più possono essere colpiti dall’influenza”. Perché il capitolo della vaccinazione dei bambini resta aperto, visto che la fascia della popolazione più colpita è proprio quella che va dai 4 ai 15 anni? Forse si vuole testare meglio il vaccino? “Il fatto di vaccinare i bambini dopo le altre categorie di persone a rischio non credo sia dipeso dal fatto che si voglia testare meglio il vaccino. Il vaccino è sicuro. Credo si siano fatte scelte a livello centrale basate sulle priorità: prima chi deve curare gli eventuali ammalati e chi deve restare in salute poiché fornisce servizi essenziali, poi le donne in gravidanza, a seguire le persone malate croniche o con patologie note. Va poi tenuto presente che siamo di fronte ad un’offerta vaccinale che la persona può declinare o accettare”.In questo caso cosa consiglia? “Di dare massima fiducia ai medici e pediatri di famiglia, che sanno bene valutare eventuali contagi. L’influenza è di per sé una malattia estremamente benigna, e questa non dovrebbe fare eccezione. Le famiglie devono interagire con i loro medici e pediatri che devono fare da filtro. Saranno i medici a valutare i casi da indirizzare nei centri di cura. È opportuno evitare, quindi, l’intasamento degli ospedali e dei ‘pronto soccorso’, come accaduto in questo weekend. Se si affollano gli ospedali, sarà difficile poi dare quel necessario e indispensabile trattamento a chi ne ha veramente bisogno. Fiducia, dunque, al medico di famiglia, al pediatra, e non dimenticare che tra i primi fattori di prevenzione c’è l’igiene”. Come giudica l’informazione che i media stanno dando sul virus A/H1N1? “C’è il diritto all’informazione e il dovere di informare. Sto vedendo in questo frangente un’informazione attenta e precisa. Di fronte a notizie che hanno un grande impatto sull’opinione pubblica, con morti che hanno provocato grande dolore, i media hanno fornito un’informazione pacata e abbastanza efficace, senza eccessivi allarmismi. L’Italia ha uno dei migliori sistemi di controllo delle infezioni respiratorie, Influnet, legato alla sorveglianza da parte di medici sentinella e del territorio che segnalano tutte le infezioni alle vie respiratorie. Ad oggi è stato estrapolato che sono oltre 400 mila le persone che hanno contratto l’influenza A/H1N1, un numero verosimilmente molto elevato, a fronte di una letalità che, pur con tutto il rispetto e dolore per le vittime, è abbastanza bassa”. Daniele RocchiLa situazione in UmbriaOspedale pronto, gente calmaL’infulenza è arrivata anche in Umbria ma, a quanto pare, non c’è rischio di sovraffollamento ai ‘pronto soccorso’ degli ospedali umbri. Il direttore generale dell’Azienda ospedaliera di Perugia, Walter Orlandi, ha parlato di situazione “abbastanza tranquilla” al pronto soccorso dell’ospedale di Perugia, riferendo che lunedì si erano presentate 220 persone contro le 180 di venerdì-sabato scorso e il leggero aumento ha riguardato pazienti (in particolare stranieri) con sintomi quali mal di gola e febbre. Nessuno è stato comunque ricoverato in relazione all’influenza A. Il direttore generale resta in costante collegamento con il direttore sanitario Giuseppe Ambrosio e con il coordinatore del pronto soccorso Mario Capruzzi per monitorare gli eventi. “Siamo pronti a qualsiasi evenienza – ha detto Orlandi – e per questo abbiamo elaborato un piano di intervento modulare che può essere modificato in base all’afflusso al pronto soccorso. Ci sono 70-80 posti letto dedicati a eventuali casi di influenza A ma l’intero ospedale può rivedere in qualsiasi momento la sua attività per fare fronte a eventuali emergenze. Abbiamo inoltre avviato – ha concluso – la vaccinazione di tutto il personale sanitario”. Intanto, mercoledì mattina l’assessore regionale alla Sanità Maurizio Rosi ha visitato l’ospedale di Perugia per verificare la situazione in vista di un eventuale aggravarsi dell’epidemia di influenza A. Accompagnato da Orlandi, ha verificato che l’afflusso al pronto soccorso era praticamente nullo.