In merito al dibattito, tuttora in atto a vari livelli sull’aborto previsto dalla legge 194, desidero fare alcune considerazioni. Interpretando il pensiero dei miei colleghi dell’Associazione medici cattolici italiani – sezione di Perugia, ritengo di dover anzitutto riaffermare il principio di difesa della vita fin dal suo concepimento e quindi di assoluta contrarietà a qualsiasi procedura di aborto procurato. Naturalmente come cittadino rispetto una legge voluta dal suffragio popolare in un regime di democrazia e ne auspico comunque una corretta interpretazione ed applicazione. Riguardo poi alla proposta di procedura abortiva indotta farmacologicamente, in alternativa a quella chirurgica, è necessaria qualche precisazione. In varie regioni del nostro Paese è stata avviata la sperimentazione con l’impiego di mifepristone (noto come RU 486), che è una molecola abortiva per la sua capacità di antagonizzare l’azione dell’ormone progesterone, prodotto dall’ovaio e necessario a preparare la mucosa uterina per l’impianto dell’embrione e a consentire il suo sviluppo nelle prime settimane di vita. La somministrazione di questo composto entro i primi 49 giorni di gravidanza determina il distacco dell’embrione dalla mucosa uterina, mentre per facilitare la sua espulsione dalla cavità dell’utero viene somministrato un altro farmaco, il misoprostolo, che è un derivato della prostaglandina E1. È stato anche sostenuto che tale procedura è più semplice e quindi meno rischiosa della terapia chirurgica. In realtà proprio alcuni giorni or sono una prestigiosa rivista scientifica internazionale ha pubblicato un articolo in cui gli autori, dagli Stati Uniti, segnalano 4 casi di giovani donne (18, 21, 22, 34 anni di età) morte a causa di una grave infezione uterina sviluppatasi pochi giorni dopo un aborto indotto con mifepristone. L’infezione, provocata da un temibile agente microbico (denominato ‘Clostridium sordellii’) e dalle tossine da esso liberate, si è presentata in modo subdolo, per esitare poi rapidamente in un quadro di shock tossico e morte. L’articolo ha riferito di altri casi analoghi descritti da altri autori. Nello stesso numero della rivista, questa segnalazione è stata commentata in un editoriale, in cui si sottolinea che il rischio di morte stimabile per shock da infezione dopo aborto farmacologicamente indotto è di circa 1 caso per 100.000 aborti provocati. Si tratta di un dato sicuramente basso, ma, come fa rilevare lo stesso editorialista, pur sempre superiore al rischio stimato per l’aborto chirurgico (0,1 casi per 100.000 aborti). Ho voluto riportare questa notizia affinchè l’aborto medico, di cui tanto si auspica l’applicazione, non sia considerato una procedura banale ed innocua.Per i riferimenti bibliografici: M. Fischer et al. New England Journal of Medicine 2005, 353: 2352-2360, www.NEJM.ORG December 1, 2005; GreeneM. F., New England Journal of Medicine 2005, 353: 2317-2318.
Non è una procedura banale e innocua
La posizione dell'Associazione medici cattolici - Perugia
AUTORE:
Fausto Santeusanio