La Conferenza delle Regioni ha bocciato il decreto attuativo della Legge delega sulla non autosufficienza (33/2023), per “mancata previsione di risorse finanziarie aggiuntive e strutturali” a sostegno delle numerose attività e funzioni attribuite ai livelli decentrati, nonché del complesso di assunzioni in corrispondenza richiesto alle Regioni e agli Ambiti territoriali sociali.
Aspetto positivo il varo della valutazione multidimensionale unificata
Come ha rimarcato la redazione di Welforum.it, un aspetto comunque positivo è costituito dal varo della Valutazione multidimensionale unificata della condizione di non autosufficienza per la presa in carico dell’anziano da parte della rete dei servizi, nell’ambito dei Punti unici di accesso (Pua) a tale rete.
I Punti unici di accesso (Pua) nelle case di comunità?
Per la collocazione dei Pua, si pensa alle Case di comunità, all’inizio previste in numero di 1.350, poi diminuito a 936, e per le quali si prevede insufficienza di personale. Per la definizione degli aspetti operativi principali di tale Valutazione, l’art. 27 del Decreto anziani, al punto 7, rinvia a un successivo decreto che dovrà pronunciarsi sulla composizione dell’unità valutativa, sulle modalità di funzionamento e di valutazione delle sue attività,
Le criticità del Decreto
Nel complesso si fa rilevare che lo schema di Decreto anziani presentato alle Camere prevede 17 ulteriori decreti attuativi e l’approvazione futura di 5 linee guida. Come osserva Franco Pesaresi, “anziché attuare la Legge delega 33, il Decreto legislativo attuativo ne rinvia la messa in opera”.
Un’osservazione analoga può compiersi per i servizi domiciliari: dalla riforma ci si aspettava un modello di assistenza domiciliare calibrato sulle necessità dell’anziano, che offrisse adeguati servizi integrati, sanitari e sociali, sia per durata di presa in carico, che per intensità e coinvolgimento di professioni molteplici. Si propone invece solo “un generico coordinamento tra interventi sociali e sanitari”. E troviamo ancora un rinvio a nuove linee guida specifiche sulla integrazione tra servizi sanitari e sociali. La stretta integrazione che la riforma richiede tra Stato, Regioni ed enti locali si deve affiancare a quella tra sanità, sociale ed Inps.
Anche per l’assistenza residenziale per anziani, la revisione per adeguati standard di personale e per requisiti strutturali per un ambiente di vita più familiare e sicuro viene rinviata a successivi decreti. Così pure sul tema delle badanti: l’introduzione di standard formativi per le stesse, e di agevolazioni contributive e fiscali a beneficio delle famiglie, viene rimandata a successivi decreti.
Tra i numerosi rilievi, un altro di fondo, già segnalato sul numero scorso de La Voce, riguarda la maggiorazione dell’indennità di accompagnamento, che viene accresciuta di una cifra fissa, 850 euro al mese, vincolati all’uso di servizi domiciliari, per un periodo sperimentale di due anni, il 2025 e il 2026, e destinata ad un gruppo assai ristretto: intorno a 25 mila ultraottantenni, in condizioni di salute “gravissime”, su un totale di 1,6 milioni.
Se non si porrà rimedio alle criticità
la riforma verrà rinviata
Se nel decreto in questione, varato dal Governo a gennaio e da approvare in via definitiva entro il mese di marzo, non si porrà rimedio alle criticità rilevate, tra cui quelle di cui sopra, la riforma risulterà rinviata, e anche tradita in alcuni dei suoi punti fondamentali, con gravi ripercussioni negative sugli anziani e sulle famiglie.
La riforma in questione mostra dunque difficoltà e ritardi nel procedere verso l’assetto auspicato dai suoi sostenitori. Come altri fenomeni sociali che colpiscono ampie fasce di cittadini (pensiamo alla povertà nelle sue varie manifestazioni), la non autosufficienza degli anziani richiede un approccio universalistico, radicato peraltro nella Costituzione repubblicana, e affermatosi in modo organico con l’istituzione del Servizio sanitario nazionale nel 1978.
Necessità di un approccio universalistico
Un approccio universalistico reso necessario oggi con forza anche dalla necessità di contrastare l’attuale dilagare delle disuguaglianze. Ed è sempre in agguato la tentazione di abbandonare l’universalismo, e di tornare alla categorialità (distinzione tra categorie di persone), come si è fatto con le nuove misure contro la povertà. Si tratta inoltre di fenomeni che hanno natura multidimensionale, e quindi richiedono un intervento coordinato tra molteplici linee di politiche e di interventi, con uno sforzo di integrazione sistemica.
Così pure, essi coinvolgono più livelli di governo, e quindi suppongono forti livelli di cooperazione e coordinamento, riproponendo nodi irrisolti della politica italiana. Pongono altresì l’esigenza di disporre di volumi ingenti di risorse finanziarie, e quindi di politiche fiscali adeguate, idonee, tra l’altro, a ridurre fortemente l’area dell’evasione. E costituiscono così una seria sfida per chi lavora per una maggior giustizia e coesione sociale.
Pierluigi Grasselli