“Non accantonare la questione Dio”

Cei. La prolusione del card. Angelo Bagnasco

Il “grande fermento per l’avvio del nuovo anno pastorale” che stanno vivendo le comunità cristiane nel nostro Paese, la vitalità delle parrocchie anche nel periodo estivo appena trascorso, le problematiche della Chiesa universale e l’“evento storico” del viaggio papale nel Regno Unito: sono stati questi i temi trattati in apertura della prolusione ai lavori del Consiglio episcopale permanente, lunedì 27 settembre a Roma dal presidente della Cei card. Angelo Bagnasco. Una prolusione nella quale il Cardinale ha voluto riprendere alcune significative parole di Benedetto XVI di ritorno dal viaggio in Gran Bretagna. “Il Papa stesso – ha detto il Presidente della Cei – tracciando un primo bilancio, ha confidato che il viaggio confermava una sua ‘profonda convinzione’, ossia che ‘le antiche nazioni dell’Europa hanno un’anima cristiana, che costituisce un tutt’uno col ‘genio’ e la storia dei rispettivi popoli”. Così ha poi aggiunto: “Considerando che con i suoi discorsi egli ha inteso rivolgersi all’intero Occidente, dialogando con le ragioni di questa civiltà, ritengo che potrebbe essere utile riprendere – in una prossima circostanza, al di là dunque di quanto riusciremo a fare in questo Consiglio permanente – alcuni nuclei tematici della visita e far sì che parlino alla nostra vita e alla missione delle nostre comunità”. Libertà religiosa da garantire. Il ricordo del martirio del vescovo Luigi Padovese e degli otto medici occidentali uccisi in Afghanistan, oltre che di tanti altri cristiani in varie parti del mondo fa dire al card. Bagnasco che “l’intolleranza religiosa assume allora la forma della cristianofobia. Uccidere appare l’unico modo per restare impermeabili al linguaggio dell’altruismo, che spaventa i violenti e inevitabilmente li eccita”. Quindi aggiunge: “Vorremmo sperare che il mondo libero ed evoluto non continui a sottovalutare questa emergenza, ritenendola in fondo marginale o irrilevante”, auspicando che i “responsabili delle Nazioni Unite garantiscano in modo reale, senza distinzioni e ovunque, la professione pubblica e comunitaria delle convinzioni religiose di ognuno”. Parole ferme il Presidente della Cei ha avuto per il tema della pedofilia tra il clero, parlando di “inqualificabili crimini, con abusi su bambini e ragazzi” e richiamando le norme “cogenti” volute dal Papa per arginare e “rimuovere dal costume ecclesiale un delitto angosciante”. L’unico tesoro della Chiesa. L’istituzione del Pontificio consiglio per la promozione della nuova evangelizzazione è stata messa in evidenza dal Presidente della Cei nella parte centrale della sua prolusione. Dopo aver richiamato l’esigenza di una “rinnovata evangelizzazione nei Paesi dove è già risuonato il primo annuncio della fede”, il Cardinale ha evidenziato la diffusione di un certo “indifferentismo religioso” auspicando che la Chiesa continui “ad offrire il proprio innamoramento per Dio come il suo unico tesoro”. Allo stesso modo, richiamando il Convegno ecclesiale di Verona dell’ottobre 2006, ha anche auspicato che “il cittadino italiano non accantoni la questione-Dio, non la rimuova ritenendola anti-umana, e lasci affiorare la nostalgia che si nasconde in essa”. A questo proposito ha rilanciato la proposta del Papa di dare vita all’esperienza del “cortile dei Gentili”, come esperienze ed ambiti nei quali “le persone possano in una qualche maniera agganciarsi a Dio”. Ha fatto quindi appello ai sacerdoti affermando: “Il sacerdozio comporta un continuo e costoso lavorìo interiore, al fine di perdere se stessi per ritrovarsi. Di più: il sacerdote deve arrivare all’identificazione di sé con l’‘io’ di Cristo”, parlando del celibato sacerdotale “come un andare verso il mondo della risurrezione, verso la novità di Cristo, verso la nuova e vera vita”. Protagonismo costruttivo in politica. Il Cardinale è poi passato a trattare gli eventi dell’attualità politica e sociale. Così ha parlato “di momenti di grande sconcerto e di acuta pena per discordie personali che, diventando presto pubbliche, sono andate assumendo il contorno di conflitti apparentemente insanabili” col risultato di “bloccare i pensieri di un’intera nazione” all’interno di una “drammatizzazione mediatica che sembra dedita alla rappresentazione di un Paese ciclicamente depresso”. Ha quindi esortato “a deporre realmente i personalismi che mai hanno a che fare con il bene comune”. Ai cattolici impegnati nel sociale, in particolare, ha chiesto di “buttarsi nell’agone, di investire il loro patrimonio di credibilità”, con un “protagonismo costruttivo”, senza trascurare l’affermazione di quei “valori non negoziabili” che fanno riferimento soprattutto ai temi della famiglia, vita e bioetica e che si collegano alla “morale naturale”. L’imminente Settimana sociale dei cattolici italiani a Reggio Calabria (14-17 ottobre) – ha aggiunto – “non farà mancare, dalla visuale che le è propria, un apporto di sviluppo coerente”. Sono poi seguiti passaggi dedicati alla crisi economica, alla disoccupazione giovanile, alla salvaguardia della scuola e della sua “qualità”. Federalismo “irreversibile”. Le vicende della Sanità, specie quelle recenti “con vittime innocenti e famiglie disperate”, sono state definite dal Cardinale “uno spregio non tollerabile, che offusca la dedizione di tanti professionisti” del settore. Allo stesso modo ha parlato delle condizioni delle carceri, della violenza sulle donne, dell’“ospitalità che va offerta ai Rom”, e del federalismo, definito un processo “irreversibile”. Su quest’ultimo tema ha detto tra l’altro: “Gestire un Paese come il nostro in chiave federalista presuppone una diffusa capacità di selezionare con rigore gli obiettivi, scadenzarli, argomentare le scelte, e saper dire dei no anche a chi si conosce. Riuscire a rispettare i vincoli di bilancio, rimanendo attenti alle implicanze umanistiche connesse con l’amministrazione politica, diventerà un’attitudine inderogabile, che presuppone sì un’abilità tecnico-gestionale, non però questa soltanto. Diversamente – ha notato il card. Bagnasco – prevarranno le spinte ad un contrattualismo esasperato e ad una demagogia variamente declinata. È il momento insomma di sviluppare quel confronto ampio che è richiesto dal salto culturale, senza il quale non si dà riforma”. Nella parte conclusiva della prolusione ha poi parlato di fisco, crollo demografico e di politiche di sostegno alla famiglia, citando anche il grande tema della fame nel mondo e delle catastrofi naturali.

AUTORE: Sir