Ci sono sentimenti e desideri che fanno onore all’uomo: uno di questi è certamente la paternità. Che non consiste solo nell’avere un figlio, ma nell’introdurlo alla vita trasmettendogli il meglio di sé: affetto, ideali, storie, competenze, patrimoni… mediante quella nobile arte che si chiama educazione. Attraverso di essa, spesso con doglie altrettanto acute di quelle del parto, ma anche con dolcissime gioie, si diventa compiutamente genitori poiché si “mette al mondo” un uomo o una donna.
Profondissimo istinto, tanto che la sterilità – oggi purtroppo sempre più diffusa – viene percepita quasi come una diminutio di umanità, causando non di rado grande sofferenza. Come non ricordare l’afflizione dei personaggi biblici privi di discendenza, quali Abramo, Anna, Zaccaria? E come non comprendere che una persona omosessuale possa vivere intensamente il desiderio di paternità? Sarebbe strano, piuttosto, il contrario. Ci sono pratiche vergognose perché indegne dell’uomo: il catechismo li chiamava “peccati che gridano vendetta al cospetto di Dio”; oggi “peccati che gridano verso il cielo”.
Diciture senz’altro politically incorrect, ma che esprimono bene il rifiuto dinanzi a tali comportamenti. Nella lista non è incluso il commercio di organi, ma il senso comune inorridisce quando un gesto di grande altruismo, come la donazione di un rene, diventa oggetto di compravendita. L’altro infatti è ridotto a uno strumento, un mezzo che uso – e pago poco – per raggiungere i miei scopi. La sua povertà, già di per sé avvilente, diventa occasione per un ulteriore e più odioso sfruttamento. Quando poi a essere oggetto di vendita sono elementi utilizzati per dare vita a un altro essere umano, come ovuli, sperma, gestazione… la questione si complica; entra in gioco una terza persona che sarà privata non di un organo, ma della piena contezza della propria identità biologica. Il che, forse, è addirittura peggio.
Come può accadere che sentimenti tanto nobili si servano di pratiche tanto ignobili? Nella Laudato si’ Papa Francesco mette a fuoco lo strapotere del “paradigma tecnocratico”: l’idea che, per il fatto che una cosa sia tecnicamente possibile, diventi anche lecita e persino buona.
La qual cosa non vale solo a determinare il ricorso al cosiddetto “utero in affitto”, ma influisce pesantemente sul modo di praticare la tecnica, l’economia, la politica, la medicina, le relazioni sociali, l’uso delle risorse dell’ambiente. Si smarrisce il senso della finalità e dell’organicità dell’azione umana, per concentrarsi sull’ottenimento – a qualsiasi costo – di quanto si desidera.
Accade così che le attività nate per servire l’uomo, i suoi nobili desideri, gli si ritorcano contro, danneggiando il genere umano e la sua casa, il pianeta terra. Al di là delle gazzarre politiche, dunque, la vicenda della paternità di Niki Vendola ci aiuti tutti, persone Lgtb e persone eterosessuali, credenti e non, gente di destra e gente di sinistra, a riflettere seriamente su dove stiamo andando.
Fermiamoci, come invita a fare Papa Francesco, “per recuperare la profondità della vita […]. Non rinunciamo a farci domande sui fini e il senso di ogni cosa” (LS 113). È urgente, aggiunge, una “coraggiosa rivoluzione culturale. […] È indispensabile rallentare la marcia per guardare la realtà in altro modo, raccogliere gli sviluppi positivi e sostenibili, e al tempo stesso recuperare i valori e i grandi fini distrutti da una sfrenatezza megalomane” (LS 114).
Tutti abbiamo da farci delle domande, degli esami di coscienza; di tutti abbiamo bisogno per trovare e praticare delle risposte efficaci.
Parliamone.
Un ringraziamento sentito a mons. Paolo Giulietti che ancora una volta problematizza le questioni con senso critico e spirito di dialogo. Una rarità di questi tempi.