di Tonio Dell’Olio
Dopo dieci pagine tutte dedicate al coronavirus, l’ultimo articolo parla della psicosi da contagio. E ci credo! Ancora una volta l’informazione si è comportata così, scrivendo articoli su articoli circa un allarmismo diffuso e spesso ingiustificato che essa stessa ha contribuito pesantemente ad alimentare.
Non a caso alcuni tra gli studiosi più avveduti hanno definito il fenomeno “infodemia”. Quello diuna malattia contagiosa rappresenta l’esempio più eclatante dell’importanza dell’informazione, perché si tratta di materiale fragile da utilizzare con cura scrupolosa. Ancora di più nell’era della cosiddetta disintermediazione,
che lascia spazio a ogni alito di paura, ai pregiudizi e ai luoghi comuni sui social, i professionisti dell’informazione devono distinguersi per la verifica accurata delle fonti, per l’attenzione agli effetti collaterali che la pubblicazione della notizia potrebbe causare, preservando il fine di servire unicamente la verità.
I sintomi dell’infodemia non sono meno letali dell’epidemia, perché ne va della qualità stessa della vita. Confidiamo nella possibilità che gli operatori dell’informazione abbiano appreso la lezione e che i frequentatori di Facebook, Instagram e Whatsapp imparino almeno a stare più attenti.