Un uomo, che soffre d’un male incurabile, pensando vicina la sua morte, mi diceva pochi giorni fa: ‘Per me non è un problema vivere qui o di là; mi dispiace solo di dare un dolore a mia moglie e ai miei figli’. Me l’ha detto con la semplicità di chi non ha più un problema perché l’ha già risolto nel profondo della sua coscienza, della sua anima illuminata dalla fede. Mi ha colpito questa sua ingenua affermazione, che rivela un’interiorità difficile ai tempi nostri. Ma non penso che sia una persona così rara, come si crede. Penso anzi che non ci sia parrocchia in cui non viva qualcuna di esse. Ma non fanno notizia. In questo nostro mondo della scienza e della tecnica, che è creazione dell’uomo, l’uomo incontra soltanto esteriormente se stesso e le sue imprese. Sembra che non abbia più bisogno né volontà di rientrare in se stesso e pensare all’anima. La visione del mondo e dei suoi avvenimenti attraverso i mass media, infatti, sta deformando le nostre coscienze più di quanto riesca a fare la nostra attività pastorale nel formarle. Anche perché quello è un modo più comodo per risolvere i piccoli problemi d’ogni giorno. Il grande problema dell’anima resta così nel fondo inesplorato della nostra coscienza, nel cosiddetto subcosciente. E si dovrebbe affrontare la fatica di riportarlo alla luce della nostra coscienza. Ma l’uomo è intelligente solo quando è costretto a esserlo, è stato detto. Ed è vero. Mettere in attività la nostra intelligenza è già, infatti, un’impresa faticosa. Risalire poi alla sua sorgente, cioè all’anima, lo è ancora di più. Non abbiamo nemmeno parametri esatti per situarla: mente e cuore, cielo e terra, eternità e tempo sono intrecciati nell’anima in modo inestricabile. Lo affermava sant’Agostino, ricordando forse la sua conversione, in una specie di dialogo con Dio: ‘Tu eri più intimo della mia parte più intima e più alto della mia parte parte più alta’ (Et eras interior intimo meo et superior summo meo: Le confessioni, III, 6,11). E in questo ossimoro, che è una specie di bisticcio di parole, è condensata tutta la nostra vita interiore, che è interiorità e trascendenza insieme. ‘Non uscire fuori di te, ritorna in te stesso – egli concludeva -; la verità abita nell’uomo e, se troverai che la tua è mutevole, trascendi te stesso. Ma quando trascendi te stesso, ricordati che trascendi l’anima razionale; tendi pertanto là dove s’accende il lume della ragione’ (La vera religione 39,72). Ma già Origene (185-254), due secoli prima, lo ripeteva ai fedeli in un’omelia: ‘Tenta anche tu che mi ascolti di avere un pozzo, una fontana, in modo che, quando prenderai il libro delle Scritture, ti possa mettere a produrre, anche secondo il tuo pensiero, qualche interpretazione secondo quanto hai appreso nella Chiesa; prova anche tu a bere alla sorgente del tuo spirito. Dentro di te sta la sorgente dell’acqua viva, ci sono le perenni sorgenti dell’intelligenza del senso della Scrittura’ (Omelie sulla Genesi, 12,5). Questo richiamo all’interiorità è da accogliere come la migliore difesa contro il clima dispersivo in cui viviamo oggi.
Nel pozzo dell’anima
Parola di vescovo
AUTORE:
' Giovanni Benedetti