Dal mare della Calabria alle montagne della Valle d’Aosta, fermandosi anche in Umbria: la ’ndrangheta, tra le più potenti e ramificate organizzazioni criminali e mafiose a livello mondiale, sta invadendo l’Italia. Il Presidente della Valle d’Aosta si è dovuto dimettere perché indagato per voto di scambio elettorale politico mafioso insieme ad altri politici locali.
Negli stessi giorni, la scorsa settimana, una maxi-operazione, coordinata dalla Dda (Direzione distrettuale antimafia) di Catanzaro, ha sgominato un’organizzazione ’ndranghetistica che aveva messo le mani sull’Umbria, in particolare in provincia di Perugia. Ventisette le misure cautelari, dieci delle quali eseguite in Umbria, e immobili, terreni, auto, conti bancari sequestrati per un valore di circa 10 milioni di euro.
’Ndrangheta e droga
Nella nostra regione la ’ndrangheta è presente da decenni, come accertato da altre inchieste precedenti, acquistando immobili e attività commerciali con i proventi dai suoi traffici, in particolare quello della droga.
I poliziotti delle squadre mobili di Perugia, Reggio Calabria e Catanzaro hanno seguito un carico di ben due quintali e mezzo di cocaina che dal porto di Gioia Tauro è arrivato nel capolugo umbro. Una delle centrali di smistamento locale di questa droga era un bar di Ponte Valleceppi, e a gestire lo spaccio erano anche ‘insospettabili’, come artigiani e imprenditori. Insieme agli arresti sono state sequestrate numerose società con sede nel Lazio, in Lombardia e in Umbria (a Marsciano, Corciano e Torgiano).
“La ’ndrangheta è presente in Umbria in modo sistematico, con grave danno all’economia regionale” ha dichiarato il procuratore capo di Catanzaro, Nicola Gratteri. Ci sono falsi imprenditori, prestanome incensurati, con tanti soldi, che arrivano anche in Umbria – ha spiegato il magistrato – “per fare impresa finalizzata al riciclaggio di soldi che provengono dalla droga e, in particolare, dalla cocaina”. Ricorrendo, se necessario anche alle minacce.
Gli ostacoli alle imprese oneste
“Qualsiasi attività illecita sul territorio umbro deve essere autorizzata dalle cosche in Calabria” diceva al telefono uno degli arrestati. E ancora: “Domani mattina provate il piombo, se andate là”, detto per intimidire imprese concorrenti nella realizzazione di un centro commerciale nella zona di Ellera.
“Ci sono pesanti tentativi di infiltrazione mafiosa in Umbria, e questa inchiesta lo conferma” ha commentato il procuratore generale di Perugia, Fausto Cardella. “Dove c’è illegalità – ha detto con preoccupazione il presidente di Confindustria Umbria, Antonio Alunni – non c’è libertà di impresa, non ci sono condizioni corrette, e pertanto tutto decade. Siamo quindi fiduciosi che questa azione di contrasto non solo sia portata avanti, ma venga fatto sempre con maggiore efficacia”.
Rassicurazioni in questo senso sono venute dalprocuratore Cardella: “I gangli decisionali della nostra Regione, non risulta che siano inquinati. Risulta piuttosto che ci sono tentativi di infiltrazione e di inquinamento; ma, finora, il contrasto ha funzionato”.
Il presunto coinvolgimento con la politica locale
C’è però un dato che preoccupa in modo particolare, nell’ambito dell’inchiesta: i pm di Catanzaro parlano esplicitamente di “capacità del gruppo mafioso di condizionare le competizioni elettorali al Comune di Perugia, con l’interessamento di- retto nell’agevolare le candidature e le successive elezioni, anche di cariche importanti all’interno del Consiglio comunale, di soggetti calabresi a loro graditi”.
Vengono fatti i nomi della ex consigliera comunale del Pd, Alessandra Vezzosi, dell’attuale presidente del Consiglio comunale, Nilo Arcudi, e del candidato non eletto di Casapound, Antonio Ribecco, nipote di uno degli arrestati.
Va sottolineato che nessuno di loro è indagato, e che tutti si proclamano completamente estranei ai fatti. Del resto, come scrivono gli stessi inquirenti, dalle conversazioni spiate emerge che “gli indagati dapprima si compiacciono per il loro positivo intervento nel far eleggere determinati soggetti, per poi lamentarsi poiché non sono positivamente intervenuti, dopo la loro elezione, in richieste fatte da chi ha agevolato la loro nomina”. Insomma, è possibile che si vantassero di un “potere” che non avevano, per gestire i loro affari e intimidire i concorrenti.
Resta comunque la preoccupazione per gli intenti della ’ndrangheta anche in Umbria: condizionare la politica per meglio controllare il territorio, come già avvenuto in tante altre Regioni anche del Nord Italia.
Il commento di Libera Umbria
Come osserva l’associazione contro le mafie Libera Umbria: “Le nuove inchieste sollevano, per la prima volta, un ulteriore elemento di grave preoccupazione: la comparsa, nelle conversazioni tra alcuni soggetti ’ndranghetisti, di nomi di politici locali. Il fatto che le inchieste lambiscano questo livello è una novità assoluta per il nostro territorio, ed è certamente motivo di grande inquietudine”.
Enzo Ferrini