Proseguono al mercoledì le catechesi di Papa Francesco, al termine dell’udienza generale. Come nelle scorse settimane, il tema era quello della Chiesa, stavolta esaminata nel suo essere “cattolica” e “apostolica”. “Ma qual è effettivamente il significato di queste due parole, di queste due ‘note’ caratteristiche della Chiesa? E che valore hanno per le comunità cristiane e per ciascuno di noi?” ha chiesto Bergoglio.
“Cattolica – ha anzitutto precisato – significa universale… Segno evidente della cattolicità della Chiesa è che essa parla tutte le lingue. E questo non è altro che l’effetto della Pentecoste (At 2,1-13): è lo Spirito santo, infatti, che ha messo in grado gli apostoli e la Chiesa intera di far risuonare a tutti, fino ai confini della terra, la Bella Notizia della salvezza e dell’amore di Dio. Così la Chiesa è nata cattolica, cioè ‘sinfonica’ fin dalle origini, e non può che essere cattolica, proiettata all’evangelizzazione e all’incontro con tutti”.
Ha quindi proseguito: “Se la Chiesa è nata cattolica, vuol dire che è nata ‘in uscita’, che è nata missionaria”, aggiungendo a braccio: “Se gli apostoli fossero rimasti lì nel Cenacolo, senza uscire a portare il Vangelo, la Chiesa sarebbe soltanto la Chiesa di quel popolo, di quella città, di quel Cenacolo. Ma tutti sono usciti per il mondo dal momento della nascita della Chiesa, dal momento che è disceso su di loro lo Spirito santo. E per questo la Chiesa è nata ‘in uscita’, cioè missionaria. È quello che esprimiamo qualificandola ‘apostolica’, perché l’apostolo è quello che porta la buona notizia della risurrezione di Gesù”.
L’aggettivo “apostolica” – ha detto ancora Papa Francesco – ricorda che la Chiesa è sorta “sul fondamento degli apostoli e in continuità con essi. Sono gli apostoli che sono andati e hanno fondato nuove Chiese, hanno costituito nuovi vescovi, e così in tutto il mondo, in continuità… Anche questo deriva dall’evento della Pentecoste: è lo Spirito santo, infatti, a superare ogni resistenza, a vincere la tentazione di chiudersi in sé stessi, tra ‘pochi eletti’, e di considerarsi gli unici destinatari della benedizione di Dio.
Se ad esempio – ha aggiunto – alcuni cristiani dicono: ‘Noi siamo gli eletti, solo noi’, alla fine muoiono. Muoiono prima nell’anima, poi moriranno nel corpo, perché non hanno vita, non sono capaci di generare vita, altra gente, altri popoli: non sono apostolici. Ed è proprio lo Spirito a condurci incontro ai fratelli, anche a quelli più distanti in ogni senso, perché possano condividere con noi l’amore, la pace, la gioia che il Signore risorto ci ha lasciato in dono”.
E infine, “che cosa comporta, per le nostre comunità e per ciascuno di noi, far parte di una Chiesa che è cattolica e apostolica? Anzitutto, significa prendersi a cuore la salvezza di tutta l’umanità, non sentirsi indifferenti o estranei di fronte alla sorte di tanti nostri fratelli, ma aperti e solidali verso di loro. Significa inoltre avere il senso della pienezza, della completezza, dell’armonia della vita cristiana, respingendo sempre le posizioni parziali, unilaterali, che ci chiudono in noi stessi.
Far parte della Chiesa apostolica vuol dire essere consapevoli che la nostra fede è ancorata all’annuncio e alla testimonianza degli stessi apostoli di Gesù: è ancorata là, è una lunga catena che viene di là. E perciò sentirsi sempre inviati, sentirsi mandati, in comunione con i successori degli apostoli, ad annunciare, con il cuore pieno di gioia, Cristo e il suo amore a tutta l’umanità. E qui vorrei ricordare la vita eroica di tanti, tanti missionari e missionarie che hanno lasciato la loro patria per andare ad annunciare il Vangelo in altri Paesi, in altri Continenti. Mi diceva un Cardinale brasiliano che quando lui va in un paese o in una città dell’Amazzonia, va sempre al cimitero e lì vede le tombe di questi missionari, sacerdoti, fratelli, suore che sono andati a predicare il Vangelo: apostoli. E lui pensa: ‘Tutti questi possono essere canonizzati adesso, hanno lasciato tutto per annunciare Gesù Cristo’. Rendiamo grazie al Signore perché la nostra Chiesa ha tanti missionari, e ne ha bisogno di più ancora!”.