di Daris Giancarlini
Il killer di camorra non soltanto la colpisce per sbaglio con una pallottola al torace, ma, nella foga di inseguire la sua vittima designata, passa per due volte sopra il corpo esanime e sanguinante di quella bimba.
“La sua è una ferita da guerra” dice il chirurgo che a Napoli opera la piccola Noemi. Nel gergo camorristico, la sparatoria in mezzo alla gente si chiama “stesa”, resa anche troppo nota al grande pubblico dalle serie tv che raccontano, a tratti con un eccesso di indulgenza, le gesta di una delinquenza abituata a spadroneggiare per le vie diNapoli, dal centro alle periferie più disagiate. Dopo il ferimento di Noemi, c’è chi ha invocato la cosiddetta ‘risposta forte’ dello Stato.
Alcune associazioni cittadine hanno scelto di manifestare: hanno partecipato in 300. Ma il quartiere in cui si è sparato è rimasto a guardare dalla finestra. Perché, se ci sono film che raccontano brutalità e violenze dei camorristi, poco o nulla si scrive o si filma per suscitare una reazione, un moto di riscatto, o anche e solamente un senso di ripulsa e di schifo verso quelle violenze.
Non si passa due volte sopra al corpicino di una bimba innocente cui hai sparato per errore, se non hai la testa e il cuore inariditi e privi di quel senso di umanità che forse nessun genitore, nessun maestro e nessun educatore ha mai avuto il tempo e il modo di insegnarti.