Monsignor Boccardo accoglie a Norcia il rientro della Fiaccola alla vigilia della Festa di San Benedetto

L’arcivescovo di Spoleto-Norcia, monsignor Renato Boccardo, ha accolto nella serata di lunedì 20 marzo il rientro, dopo il viaggio in Portogallo, della Fiaccola Pro Pace et Europa Una, dedicata a San Benedetto patrono della città e d’Europa. Prima sosta, al Monastero di San Benedetto in Monte dove è stata accolta dal priore padre Benedetto Nivakoff e dai monaci per poi scendere in piazza San Benedetto, per l’accensione del tripode difronte alla Basilica dedicata al patrono cittadino e d’Europa. “Ogni gesto di violenza e di odio, anche nel nostro piccolo -ha detto il presule- contribuisce ad avvelenare la città e generare la guerra. Tocca a noi essere operatori di pace”.

Il rientro della Fiaccola in piazza San Benedetto

Ad attendere la Fiaccola, assieme a monsignor Boccardo, il sindaco Nicola Alemanno, Riccardo Guariglia segretario generale del ministero per gli Affari esteri e della cooperazione internazionale, l’assessore regionale Enrico Melasecche, il capo della Sezione consolare dell’ambasciata di Portogallo in Italia Bernardino Azevedo, l’europarlamentare Beatrice Covassi, già capo della Rappresentanza italiana della Commissione europea.

“E’ sempre un’emozione grande -ha detto Alemanno- ritrovarsi qui al cospetto del nostro santo patrono e rendergli omaggio in questo occasione che rappresenta un giorno importante in particolare per ogni nursino.

Da suoi concittadini, con umiltà e dedizione, sentiamo forte la responsabilità di essere promulgatori dei valori etici, culturali e morali che oltre millecinquecento anni fa San Benedetto ha posto per la sua vita, e che poi sono diventati faro per le comunità monastiche e quelle solide radici di cui il Vecchio Continente sente la necessità.

Oggi più che mai -ha concluso il sindaco di Norcia- abbiamo bisogno di gesti e di iniziative come queste che, nella loro semplicità, possono contribuire a farci sentire appartenenti ad un’unica bandiera, con valori comuni e condivisi. La luce di Benedetto indica questa via”.

La Festa liturgica di San Benedetto

Cercare la vita, accogliere l’ospite, camminare insieme. Questi tre spunti racchiudono l’omelia che l’arcivescovo di Spoleto-Norcia monsignor Renato Boccardo ha tenuto martedì 21 marzo 2 a Norcia nella festa liturgica di San Benedetto. La solenne celebrazione eucaristica si è tenuta nella piazza dedicata al Santo patrono d’Europa, sotto la sua grande statua in marmo, dinanzi ai ponteggi della sua Basilica in ricostruzione dopo i terremoti del 2016. Col Presule hanno concelebrato i parroci della zona pastorale di Norcia, don Marco Rufini e don Davide Tononi, il parroco di Preci, don Luciano Avenati, quello di Cascia, don Canzio Scarabottini, don Mahlu Hagos Desta, collaboratore pastorale di Cascia. Hanno assistito alla celebrazione i Benedettini del monastero di San Benedetto in Monte di Norcia, guidati dal priore padre Benedetto Nivakoff.

Prima della Messa, animata dal coro della parrocchia e da quello di San Benedetto, hanno sfilato in Piazza i figuranti del corteo storico della Città. Molti i fedeli presenti, così come le autorità civili e militari, tra cui: la presidente della Giunta Regionale dell’Umbria Donatella Tesei, Armando Gradone e Giuseppe Bellassai rispettivamente Prefetto e Questore di Perugia, il rappresentate della presidente della Provincia di Perugia, il sindaco di Norcia Nicola Alemanno e il rappresentate di quello di Spoleto Giovanni Maria Angelini Paroli.

Cercare la vita

“San Benedetto -ha detto monsignor Boccardo- ci spinge a riscoprire quello che abita in profondità il nostro cuore, a non mettere da parte i desideri più autentici che a volte siamo portati a credere irrealizzabili e lontani, soprattutto in momenti difficili come questo, con la guerra che è ritornata a ferire l’Europa. Guardandoci attorno, spesso constatiamo che quello che rende l’umanità così delusa e a volte così violenta è la consapevolezza di un mondo e di una vita insignificanti. C’è una crisi di senso. Una vita consegnata alla noia o al consumismo ha in sé i germi della gelosia, dell’invidia e della rivolta. Ora domandiamoci: cos’è che rende questo mondo insignificante? Non sarà che noi lo costruiamo in funzione di finalità che non sono degne dell’uomo? Ricercando sempre più il denaro e l’agio, ci priviamo della gioia della condivisione; accettando tutti i compromessi purché le nostre ambizioni e la nostra sete di potere vengano soddisfatti, impediamo agli altri di crescere; soddisfacendo gli istinti più bassi, ci ripieghiamo su noi stessi, incapaci di conoscere la gioia del fratello la cui felicità si nutre della felicità dei propri fratelli.

San Benedetto ci sprona a ritrovare il vero significato di ogni costruzione umana: esiste una ragione ultima per vivere e questa ragione si chiama Dio che è amore. E proprio per fedeltà alla persona umana creata da Dio, al suo superiore destino, ai suoi diritti e ai suoi doveri, ci sentiamo di chiedere a coloro che hanno assunto la responsabilità della cosa pubblica -ha sottolineato l’arcivescovo- di rendersi attenti e sensibili a quanto fa bella e buona la vita di tutti, iniziando col promuovere e difendere l’istituzione familiare costituita dall’unione stabile di un uomo e di una donna, aperti ad assumersi la responsabilità genitoriale e ad assicurare ai bambini l’indispensabile presenza di un papà e di una mamma”.

Accogliere l’ospite

“Tutti gli ospiti che giungono in monastero siano ricevuti come Cristo, poiché un giorno egli dirà: Sono stato ospite e mi avete accolto. Questo passo della Regola di San Benedetto (53, 1) -ha detto ancora monsignor Boccardo- è molto importante, soprattutto nei nostri giorni dove si respira una sempre maggiore diffidenza, una paura dell’altro, visto come una minaccia per la nostra prosperità e la nostra felicità.

Sappiamo bene che non basta una visione cruenta per decidere di prendersi cura dell’altro: se prima non si è accesa umanità nel cuore, l’occhio non vede. Come gli occhi di chi guarda i morti per naufragio sui barconi e parla di quelle vite come fossero bestiame. Non è possibile non pensare alla radicale insensibilità, all’assenza di umanità mostrati quando, di fronte alla morte in mare di oltre novanta migranti, di cui molti bambini, si ribadisce che la colpa è la loro: Non dovevano partire. Quella che Papa Francesco ha da tempo chiamato la cultura dell’indifferenza sta producendo veri e propri mostri: persone che di fronte al dolore altrui non solo si voltano dall’altra parte, ma incolpano i sofferenti dei loro stessi mali, senza neppure tentare di comprendere l’immane tragedia che sta dietro e dentro le loro vite. Benedetto invece ci ricorda che l’altro non è solamente qualcuno al quale io devo dare, ma è soprattutto colui dal quale io posso ricevere”.

Camminare insieme

“Infine l’ultimo aspetto che potremmo imparare dal patrono d’Europa per i nostri giorni è il senso di comunità. C’è nella Regola una espressione che è importante recuperare: tutti insieme. Occorre camminare insieme -ha detto infine il presule- senza lasciare indietro nessuno; occorre individuare il passo giusto perché nessuno vada troppo avanti e qualcuno rimanga indietro. La comunità delineata da Benedetto non è una gara nella quale si vince se qualcuno arriva per primo, ma dove la vittoria c’è se si arriva tutti insieme alla meta. Anche questo oggi dobbiamo imparare nella nostra società europea: non si vince se c’è qualcuno che arriva prima, ma solamente se si cammina tutti insieme e insieme si raggiunge la meta, che è una convivenza civile veramente degna dell’uomo”.

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