Si è concluso domenica scorsa il pellegrinaggio diocesano in Terra Santa guidato dal nostro Vescovo. A mons. Benedetto Tuzia abbiamo chiesto di parlarci delle suggestioni che colpiscono e delle emozioni che stupiscono visitando questi luoghi.
“Sono tante – dice – le emozioni provate e il ricordo che ne ha chi ritorna da un viaggio particolare come quello che abbiamo fatto. In genere, in un viaggio si parte da casa e si fa ritorno a casa. Nel nostro caso è stato diverso perché siamo partiti… per andare a casa! Abbiamo vissuto questa esperienza sperimentando grandi emozioni perché siamo tornati suoi luoghi che sono all’origine della nostra storia, sui luoghi della nostra identità. Lì siamo nati, lì ci sono le nostre radici cristiane. E si ritorna in quei luoghi per lodare il Padre, e percorrere quelle strade nelle quali il Figlio rivelò il volto misericordioso del Padre. Se ne ricava una straordinaria carica di energia per essere più cristiani, più sacerdoti, più pastori.
Ma grandissima, devo dire, è stata l’emozione al Sepolcro vuoto di Gesù: vera finestra della nostra fede”.
Guardando il lago di Genezareth, quali pensieri le sono tornati in mente?
“Davanti a un paesaggio così armonioso ci si stupisce delle opere del Padre. C’è lo stupore per questo lago che fa da collegamento, che riunisce più culture: il mondo ebraico, quello cristiano e quello musulmano. Il lago lambisce questi territori e nello stesso tempo fa da elemento di comunione. Un lago che seduce, cattura, ma che mette anche paura per le tempeste e i movimenti improvvisi delle sue acque. E ho ripensato all’invito che Gesù fa a Pietro a prendere il largo e a gettare le reti. Pietro sulla parola di Gesù prende il largo e fa una pesca abbondante, tanto che le reti quasi si spezzavano. Dobbiamo ricordare che è Lui che ci invita a prendere il largo; dobbiamo fidarci di Lui perché è per tutti un Padre buono che ci ama con un amore infinito. Di fronte all’amore di Gesù che riempie le nostre reti vuote, anche noi ci sentiamo piccoli, fragili, vuoti, peccatori… Il lago con le tempeste improvvise, quasi metafora della nostra vita, con le sue onde alte ci mette paura, ma Lui è con noi, è vicino, e con la sua voce ci rassicura, ci esorta a continuare, a non venir meno”.
A Betlemme, di fronte alla grotta della Incarnazione, cosa ha chiesto a Gesù per la sua diocesi?
“Gesù, lì, appare come segno della pace, il Bambino è infatti chiamato Principe della pace nella liturgia. Ho chiesto grande pace e grande comunione con il Signore, e grande comunione fra di noi, nella nostra vita e nella nostra Chiesa. E poi una grande semplicità per vivere, tutti, giorni sereni”.