“In questo inizio del mio ministero episcopale, mi sono proposto di andare a visitare i paesi più lontani, le piccole comunità, per poterle conoscere e rallegrarci per i tesori che racchiudono, pregando insieme i santi di cui abbiamo conservato la memoria e sono i vostri angeli custodi”. Così a Porchiano del Monte, nella festa di santa Cristina, il vescovo Piemontese ha salutato la comunità nella celebrazione della festa della santa patrona.
“È una testimonianza bellissima – ha aggiunto – che fate bene a custodire e trasmettere alle generazioni di oggi”. Una giovane cristiana vissuta nel II secolo, martirizzata all’età di 12 anni che si è donata totalmente a Gesù. Al suo martirio, con una pietra legata al collo, è legata la storia della pietra del miracolo eucaristico di Bolsena, parte della quale è custodita nella chiesa parrocchiale di Porchiano, tinta da una macchia di sangue tagliata da un foro, dono del vescovo di Orvieto Giacomo Simoncelli a quello di Amelia, Bartolemeo Farrattini, alla fine del Cinquecento.
“Non è possibile essere fedeli alla nostra vocazione cristiana – ha aggiunto il Vescovo -, essere forti nella testimonianza, soprattutto oggi, senza nutrirci dell’eucarestia, senza il sostegno di Gesù che per noi muore e risorge. Soltanto nell’amore siamo capaci di vivere la nostra unione con Gesù; e i santi hanno veramente vissuto la loro relazione con Gesù come nell’amore e nella donazione totale . Così ha fatto santa Cristina: solo un amore profondo e sentito poteva portarla ad affrontare e sopportare i patimenti e il martirio.
Oggi sono tanti i cristiani perseguitati nel mondo, sottoposti a disagi e torture, che restano fedeli al dono della fede, a quel tesoro per il quale sono disposti a perdere tutto. Anche noi dobbiamo guardare alla profondità della fede. Non dobbiamo scoraggiarci se ci sentiamo deboli, perché tutti abbiamo bisogno dell’aiuto del Signore per far aumentare la nostra fede, per essere capaci di dare la testimonianza dell’amore fino alla fine, essere capaci di seguire Gesù nel cammino della croce e dare la vita per i nostri fratelli.
Questo non da soli, ma insieme, come Chiesa e comunità. Possiamo aiutarci e sostenerci nella fedeltà al Signore. Tutti siamo parte di una comunità più grande che è quella diocesana, e insieme siamo uniti a quella universale. Insieme, con la preghiera, possiamo sostenere le prove che la vita ci dà, sia nella famiglia che nel lavoro”.