“L’antisemitismo non sparirà finché vivremo in una società come questa, non c’è da illudersi. Ma diventa veramente pericoloso quando acquista spazio pubblico, quando qualcuno può liberamente parlare contro gli ebrei. Perché le menti deboli sono facilmente manipolabili e perché c’è chi non riesce a vivere se non ha un nemico”.
Parte da qui, dalla gravità della situazione oggi in Italia, lo scrittore e drammaturgo di origini ebraiche Moni Ovadia nel commentare a pochi giorni dalla celebrazione del Giorno della Memoria la scritta antisemita – “Juden hier” – apparsa a Mondovì sulla porta del figlio di una partigiana antifascista deportata. “Credo che questi fatti vadano tenuti sotto controllo, stigmatizzati, perseguiti se necessario”, aggiunge Moni Ovadia.
“Però attenzione, ciò che genera l’antisemitismo, genera anche tutto l’odio verso tutte le categorie delle minoranze e tutte le forme di razzismo, dai rom agli immigrati”.
Cosa vuole dire?
Questa signora non era ebrea. Era una partigiana e viene apparentata agli ebrei. Quando si propone il revisionismo filofascista queste sono le conseguenze. Quando si dice che il fascismo ha fatto anche qualcosa di buono, quando nei salotti dei tv talk, si racconta quanto era buono nonno Mussolini, si crea un clima e in questo clima si sentono legittimati i fascisti di ogni risma e nei fascisti ci sono anche gli antisemiti. Il revisionismo scatena i peggiori istinti che vanno contro gli ebrei, i rom, gli immigrati, le donne, i musulmani in quanto tali, contro gli africani. Tanto diventa lecito. Il fascismo significa una cosa sola: violenza, militarismo e odio per l’ultimo. Non esiste un fascismo decente.
Quanto sono responsabili di questo clima alcuni nostri politici?
Quando un uomo che è stato ministro dell’Interno, accusa i musulmani di essere responsabili dell’antisemitismo, fa una operazione disgustosa perché – e qui uso un termine come provocazione – è stata la “razza bianca” intesa come “gli occidentali”, a commettere i peggiori crimini della storia dell’umanità. Pensiamo al colonialismo che è stato ed è tutt’oggi il crimine più esteso e perdurante.
Il revisionismo storico è possibile oggi perché si è persa la memoria storica di quello che realmente è accaduto nel nostro passato. Come recuperarla?
La cosa più difficile per un uomo è riconoscere i propri torti. Chiunque. Ed invece è la cosa più importante. Qui si vuol fare credere che: ‘ma sì, in fondo, non è successo niente’. E invece non è così, perché ogni atto di violenza commesso da un uomo contro un suo simile indifeso è un crimine. Il problema vero allora è quello di combattere tutte le forme di intolleranza. In una società di giustizia dove viene praticato il rispetto dell’essere umano, non c’è pericolo. Ma in una società che eleva il linguaggio della violenza contro gli ultimi a sistema, allora siamo tutti in pericolo.
Quanto è importante in questo contesto il Giorno della Memoria?
Bisogna essere fermi, dobbiamo ricordarci di quanti esseri umani sono morti ad Aushwitz. Sono morti 6 milioni di ebrei. Con loro anche rom e sinti. E gli slavi, lasciati morire come cani. Bisogna ricordare per costruire oggi un’altra società, altrimenti è una catastrofe. Io mi batto contro ogni sopruso, chiunque lo commetta. L’uomo contiene in sé l’orrore e se tu permetti di scatenarlo con certe affermazioni come fanno i politici di oggi, se si lascia libero spazio alla misoginia come fanno certi rapper, se si legittimano forme di odio e di razzismo, allora vuol dire che stiamo costruendo un boomerang che ci verrà presto contro.
Lei va nelle scuole. Quale antidoto sta cercando di immettere negli uomini e nelle donne del nostro domani?
Non ho mai detto no ad una scuola. Il messaggio che cerco sempre di dare è che la memoria serve per costruire presente e futuro. Un grande problema oggi è che il Giorno della Memoria rischia di diventare il giorno dell’ipocrisia e della falsa coscienza. Ricordare oggi significa battersi per una società che non scarta nessuno, dove non c’è spazio per l’odio verso il rom e l’immigrato, dove non c’è nessuna possibilità di trattare l’altro con bullismo solo perché è “un ciccione”. Sono venute da me ragazze in lacrime per questo discorso. Ai ragazzi dico: è inutile andare a celebrare il Giorno della Memoria se poi ti comporti da schifoso oggi. Bisogna smetterla di chiamare libertà, l’arbitrio di colpire gli altri.
Quella non è libertà. Quella si chiama in un altro modo: violenza.
Dobbiamo combattere l’aggressività, l’insulto gratuito. È questo il Giorno della Memoria. Dobbiamo imparare a seguire quella via che ci porta prima di tutto a guardare il nostro simile come la persona che da senso alla nostra esistenza, qualunque esso sia.
M. Chiara Biagioni