L’ isolamento dell’Umbria senza mare, senza autostrade e tagliata fuori dalle principali direttrici ferroviarie ha contribuito a farla diventare “cuore verde d’Italia”, citando l’ormai fortunato slogan di promozione turistica del secolo scorso.
Questo suo isolamento sta però pesando sempre di più sullo sviluppo sociale ed economico della regione, aggravato dalle difficoltà della mobilità interna: trasporti pubblici non sempre efficienti e di conseguenza strade intasate anche perchè in rapporto alla popolazione la densità delle auto in Umbria è tra le più alte in Italia.
In questa estate poi a peggiorare la situazione sono arrivati la soppressione e riduzione delle corse dei bus, che ha penalizzato soprattutto i centri minori, ed i tanti cantieri sulle strade, sicuramente necessari ma che rendono più dura la vita di pendolari e di chi comunque deve spostarsi in auto perchè i mezzi pubblici non ci sono o sono troppo lenti. Sulla Ferrovia centrale umbra da luglio è stato ripristinato il servizio nella tratta Città di Castello-Perugia ma anche dopo i lavori per l’ammodernamento della linea il viaggio da Città di Castello per arrivare alla stazione perugina di S. Anna dura mediamente quasi due ore.
Qualche novità positiva riguarda i collegamenti interregionali: voli giornalieri Perugia-Milano Linate dall’autunno, treni ad alta velocità che da giugno si fermano anche nella vicina stazione di Chiusi e tante promesse per il completamento della superstrada Perugia-Ancona e per altre infrastrutture importanti non soltanto per il turismo ma soprattutto per le aziende, l’occupazione e lo sviluppo economico.
Meno autobus
Nella vita quotidiana degli umbri a pesare di più è però il problema della mobilità interna. Fino al 12 settembre sono state ridotte le corse degli autobus pubblici, gli unici collegamenti in tanti centri e borghi dell’ Umbria. “Si tratta di un passaggio necessario per mettere in equilibrio finanziario l’annualità 2019 del servizio di trasporti pubblici locali” ha detto l’assessore regionale Giuseppe Chianella spiegando che negli ultimi otto anni “la Regione dell’Umbria ha visto ridurre risorse per oltre 70 milioni di euro”.
Una decisione che ha suscitato la protesta di tanti sindaci e soprattutto degli utenti, alcuni dei quali titolari di abbonamenti già pagati per un servizio più completo. Nei piccoli centri ci sono anziani che devono fare chilometri a piedi per andare al cimitero, fare acquisti, visite mediche. In vista della riapertura dell’anno scolastico studenti e genitori sono preoccupati per l’annunciato “ridimensionamento” del servizio anche dopo la fine dell’ estate.
Più treni, ma quando? Per la mobilità interna una delle alternative all’auto è il treno ma l’offerta e la qualità dei servizi delle Ferrovie dello stato (Terontola-Perugia-Foligno-Terni) non è il massimo. “Per il raddoppio della Foligno-Terontola ci sono già stanziati 32 milioni di euro – ha detto l’assessore regionale Giuseppe Chianella – e chiederemo un quadro preciso degli interventi da realizzare fino al 2021”.
Con l’auspicio che non si ripeta quanto avvenuto per il raddoppio della ferrovia tra Campello e Spoleto con lavori cominciati da 20 anni e non ancora finiti. C’è poi la Ferrovia centrale umbra, quella che poteva essere la nostra “metropolitana”, da Sansepolcro a Terni, paralizzata ormai da anni con treni fermi, stazioni abbandonate ed erba che cresce sui binari, come denunciato dall’assessore comunale di Todi Moreno Primieri.
Se i treni sono tornati a viaggiare (50 chilometri all’ora!) da Città di Castello a Ponte San Giovanni, tutto è fermo sulla linea Perugia-Terni. Cerca di rassicurare l’assessore regionale Chianella. “La tratta a sud di Perugia (Ponte San Giovanni-Terni) è stata dichiarata di interesse nazionale ed abbiamo chiesto al Ministero dei trasporti oltre 200 milioni di euro in 5 anni per l’ammodernamento e la messa in sicurezza”. Le voragini che “tornano” sul viadotto Genna – Pochi autobus, pochi treni ed allora serve l’auto ma le strade sono sempre più intasate.
Cantieri che vanno e vengono. Sul raccordo autostradale attorno a Perugia ormai il caos e quasi quotidiano. Così come sulla superstrada E45 dove si lavora per migliorare l’asfalto ma le buche sono sempre tante. Cantieri che serviranno? Sul raccordo autostradale di Perugia c’è il viadotto Genna dove in circa due anni si è dovuto intervenire per 6 volte per richiudere le voragini che continuano ad aprirsi sull’asfalto.
Forse è solo un caso ma una delle aziende che si erano aggiudicati gli appalti è stata colpita da una “interdittiva antimafia”. Ed è recente la notizia del rinvio a giudizio di 10 persone per frode in fornitura pubblica e attentato alla sicurezza dei trasporti pubblici per avere “risparmiato” sul cemento nella costruzione di una delle gallerie (ora messa in sicurezza) della superstrada Foligno-Civitanova Merche.
La superstrada Perugia-Ancona eterna incompiuta
Cantieri che aprono e chiudono, fallimenti e 60 milioni di debiti. Conte e Toninelli: ad aprile 2020 lavori finiti L’ Umbria è in Italia dove i lavori per le opere pubbliche non si sa mai quando finiscono. Il completamento della Terni – Civitavecchia è stato bloccato da un ricorso al Tar del Lazio su questioni ambientali.
Sulla superstrada “fantasama” E78, che dovrebbe collegare Tirreno ed Adriatico, al confine tra Umbria e Marche c’è una galleria di 6 chilometri costata miliardi delle vecchie lire, con lavori conclusi nel 2004 e mai collegata ad altre strade tanto che nel 2012 era stata utilizzata abusivamente per ospitare una segheria.
C’è anche la superstrada Terni-Rieti dove i lavori sono cominciati da 40 anni ma l’opera è ancora incompiuta. Situazione simile per la Perugia-Ancona, con tante solenni cerimonie per inaugurare una nuova galleria o qualche chilometro di superstrada, ma ancora oggi da completare. Con cantieri che aprono e chiudono per ricorsi sulle procedure degli appalti o perchè le aziende che si aggiudicano i lavori sono in difficoltà economiche, non pagano i fornitori e imprese in subappalto e ricorrono al concordato o addirittura falliscono.
Con questo meccanismo del concordato o del fallimento solo negli ultimi anni nei lavori di questa superstrada si sono avvicendate 3 grandi imprese, l’ultima delle quali, la Astaldi, ha chiesto la procedura del concordato, lasciando i cantieri incompiuti e un debito di 60 milioni di euro. Tra i creditori ci sono una trentina di imprese umbre e marchigiane con 1500 dipendenti che hanno compiuto lavori non pagati per 40 milioni di euro.
Alcune di queste rischiano la chiusura e non riescono a pagare fornitori e dipendenti. Nell’aprile scorso a Fabriano erano arrivati anche il presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, ed il ministro Danilo Toninelli promettendo la ripresa dei lavori da concludere entro aprile prossimo ed il pagamento del 70 per cento dei crediti dovuti alle aziende impegnate nei cantieri.
Nel luglio scorso, intervenendo alla assemblea dell’Ance, l’associazione costruttori edili di Confindustria umbra, il ministro Toninelli ha riferito della costituzione di un “fondo salva cantieri” per coprire il 70 per cento di questi debiti. Bene, ha detto il presidente dell’Ance, ma adesso serve “il regolamento attuativo”. Perchè le parole diventino fatti.