Migranti. Non accoglierli “sbatte la porta in faccia al Dio dei risorti”

Oltrepassare i confini più improbabili o addirittura impossibili è il grande tema della Pasqua. È quello con cui sono chiamati a fare i conti credenti e laici perché è la vita stessa a costringerci a questo confronto.

Il confine in modo più assoluto invalicabile è quello della morte. I senza-speranza soffrono la morte come lo scoglio su cui si infrangono tutti i sogni, i progetti e le planimetrie della propria vita e della vita di coloro che amano. Accanto alla sconfitta personale, infatti, forse non c’è dolore più grande che credere che gli occhi delle persone amate si siano spenti per sempre e non ci guardino da un altro altrove. La fede ha la forza di ribellarsi a questa rassegnazione lancinante. Una fede che il Signore ci fa scorgere anche là dove non ce l’aspettiamo. Le persone migranti paradossalmente sono il simbolo di una vita che non si è rassegnata alla sconfitta della fame, della persecuzione e della guerra.

Spera contro ogni speranza. Non si lascia morire e non accetta di subire la morte. Quelle donne, quei bambini, quegli uomini sono cercatori di vita. Per questo non accoglierli è un peccato ancora più grande perché sbatte la porta in faccia al Dio dei risorti.

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