Michele, non vedente, campione di judo con la passione per l’alpinismo

“È stato un giorno che ricordo benissimo perché ha rappresentato lo spartiacque tra la mia vita di prima e quella di adesso” racconta Michele Milli, non vedente.

La storia di Michele Milli, non vedente per un incidente

Umbertidese di 38 anni, la sua storia è una di quelle che insegnano a guardare oltre; una storia di “risurrezione”, che aiuta a rendere attuale il messaggio di questo tempo di Pasqua che stiamo attraversando. Michele ha perso la vista il 27 gennaio 2008 a causa di un incidente. Da allora la sua esistenza è stata stravolta, ma lui non si è arreso, e oggi è un portabandiera della vita, dono meraviglioso che Dio ci ha fatto e che molti spesso danno per scontato. Alle nostre pagine consegna un racconto a tutto tondo, dall’incidente su un terreno di caccia che lo ha reso non vedente, alla voglia di lottare ogni giorno, fino a ottenere la laurea in Fisioterapia, ma anche grandi risultati nel judo paralimpico, e le esperienze nel trekking in montagna.

Da brivido, quando ricorda l’attimo in cui tutto intorno a lui è diventato buio… “Ero in auto, stavo percorrendo una strada sterrata vicino a un uliveto. A un ragazzo che era lì vicino è partito inavvertitamente un colpo di fucile che ha colpito il parabrezza anteriore della mia macchina: il vetro si è frantumato, le schegge mi sono finite negli occhi rendendomi cieco. Purtroppo mi ha tolto la vista… ma probabilmente, se non ci fosse stato quel parabrezza che ha attutito il colpo, oggi non sarei neppure qui a raccontare la mia storia”.

Dopo l’incidente, cosa hai fatto?

“Con il sostegno di amici e parenti, mi sono immerso negli studi universitari di Fisioterapia. Essendo anche il primo studente non vedente in facoltà, da parte dei docenti vi era l’assoluta volontà di aiutarmi a intraprendere questo percorso. Però, essendo alla loro prima esperienza di questo tipo, mi hanno chiesto di aiutarli ad aiutarmi! Una volta laureato, ho poi aperto uno studio. E lì, grazie ad alcuni miei pazienti, ho scoperto il mondo del judo a cui mi sono appassionato, entrando infine a far parte della squadra paralimpica italiana e vincendo diversi titoli. Perdere la vista a 23 anni ti fa crollare tutto addosso e diventa tutto tremendamente difficile, ma io ci sono”.

Come è diventato il mondo intorno a te?

“Percepisco l’ambiente intorno a me basandomi sui rumori, su quello che sento, e ricordando tutto quello che vedevo e provavo prima”.

Ti sei mai sentito emarginato o deriso a causa della tua condizione?

“È successo una volta, a una gara di judo tra vedenti e non vedenti. Il mio avversario inizialmente non sapeva delle mie condizioni. Quando mi si è presentato davanti, accorgendosi della situazione, si è rivolto al suo allenatore dicendo: ‘E io che ci devo fare, con questo? Non ci vede!’”.

Un caso isolato, per fortuna, e speriamo non si ripeta. Oltre al judo, parlaci delle tue altre passioni.

“Anzitutto, scalare montagne. Da piccolo vedevo le montagne come vette irraggiungibili, dove non sarei mai salito. Poi, con l’aiuto del mio amico Daniele Caratelli, è nata l’occasione di provare queste esperienze. Non ho paura. Bisogna essere coscienti delle proprie capacità: a volte il timore è umano, e va tenuto sotto controllo, ma comunque serve a evitare ulteriori pericoli. Insieme a Daniele, l’amico di una vita, siamo arrivati in cima a molte vette, anche la Marmolada, e molti sogni si sono realizzati. Il prossimo obiettivo è quello di arrivare in cima al Monte Bianco! Quando sono in vetta, provo la sensazione dell’altezza. La libertà e il silenzio che offre la natura sono indescrivibili, soprattutto per un non vedente”.

Che messaggio vorresti lasciare a chi ti legge?

“Di apprezzare sempre ciò che si ha, guardando avanti e pensando al bene prezioso della vita, del tempo, degli amici”.

Fabrizio Ciocchetti

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