Dire che il vescovo mons. Vincenzo Paglia abbia portato a Terni e in diocesi una ventata nuova e forte, appare quasi scontato, dando uno sguardo alla realtà. E’ un anno che guida la diocesi e decisi segni, non solo a livello ecclesiale, si vedono. Proprio ad un anno di distanza dal suo arrivo a Terni lo abbiamo intervistato per ascoltare, su diversificati aspetti, il suo parere.Lei è entrato in diocesi la Domenica delle Palme del 2000. E’ trascorso un anno. Più che un bilancio le chiediamo alcune considerazioni.”La prima considerazione che vorrei fare è quella del salmista: ‘La mia sorte è caduta in una terra buona’. Ed è una conferma di quanto ho sperimentato fin dall’inizio. Sento ormai questa terra come mia; sono stato accolto con disponibilità ed affetto straordinari da parte di tutti. E fin dall’inizio ho potuto gustare le grandi tradizioni spirituali di questa terra e, nello stesso tempo, spinto da esse, affrontare con vigore sempre più saldo il futuro della città e della regione. Del resto, essere nominato vescovo nell’Anno del grande Giubileo e sul momento di passaggio del Millennio, non poteva non richiedere un impegno forte e, in certo senso, straordinario”. Con il suo arrivo a Terni la città sembra aver acquistato una vitalità inconsueta. Pensiamo, ad esempio, alle presenze per la Giornata mondiale della Gioventù, al Pellegrinaggio giubilare con diecimila persone a Roma, alla visita di Gorbaciov. Quali sorprese ci riserva per il corrente anno?”In verità, la sorpresa l’ho sentita io per la risposta così vivace che tutti hanno dato: istituzioni civili, parrocchie, direi il popolo stesso di Terni Narni Amelia. La ‘vitalità inconsueta’ di cui lei parla io la chiamerei un vero e proprio movimento o, se vuole, una grande domanda di novità e di impegno per costruire un futuro nuovo per tutti. Il problema, intanto, è come rispondere a questa domanda di futuro che emerge dagli anziani e dai giovani, da chi studia e da chi lavora, dagli uomini e dalle donne. Ebbene in questo orizzonte mi auguro che continueremo a ‘sorprenderci’ a vicenda”. Lei sembra avere attratto in modo particolare politici ed amministratori locali che paiono quasi “vivere” alla sua ombra. Considera giusta questa ipotesi? E come considera i suoi rapporti con le istituzioni?”Fin dal primo giorno ho detto pubblicamente che la Chiesa vuole porsi a servizio della città; essa non ha propri interessi da difendere, semmai ha un cuore da dare. In un tempo scarico di utopie e di progetti, in un tempo ove l’egoismo e l’individualismo sembrano avere campo libero io vorrei una Chiesa che offra il Vangelo, e solo il Vangelo. In tal modo essa può diventare come l’anima di una nuova società; e il Vangelo l’albero alla cui ombra tutti, credenti e non credenti, possiamo ‘vivere’ e ripararci”. Ecco, a proposito, lei ha pubblicato e diffuso centomila copie del Vangelo di Luca con suo commento. Un fatto assolutamente inconsueto ed eccezionale crediamo non solo a livello nazionale. Vuol ricordarne le motivazioni?”La Chiesa ha come unico tesoro il Vangelo e come unica missione, comunicarlo a tutti. Come vescovo di questa diocesi ho voluto mettere in atto alla lettera questo impegno. Si, è vero, si tratta di una iniziativa unica, ma come potevo non seguire, qui a Terni San Francesco d’Assisi che predicava il Vangelo ‘senza aggiunte’? Moltissimi hanno scritto ringraziandomi del dono del Vangelo. Queste testimonianze sono state tra quelle che più mi hanno commosso. Ovviamente continuerò l’anno prossimo con il Vangelo di Matteo. E’ un fatto inconsueto, ma l’amore spinge a gesti inconsueti …”. Quale impulso, stimolo, operatività darà alla comunità ecclesiale?”Io non voglio dare altro impulso se non quello che nasce dal Vangelo. Io sogno, e per questo opero, una comunità diocesana evangelica, ossia una comunità cristiana che sappia essere casa di misericordia e di accoglienza per tutti, particolarmente per i più poveri e più deboli. Vorrei che tutti, ciascuno nel suo ambito, fossero più audaci in questo impegno. Vorrei una diocesi che osasse di più nell’amore”.Parliamo del nostro giornale. Lei ha voluto che La Voce avesse una edizione tutta diocesana. Una scelta, un successo. Come vorrebbe, ancora, che fosse il nostro settimanale? Quali eventuali innovazioni, potenziamenti, più incisiva strutturazione?”Anche La Voce deve essere più audace, deve dare di più. Per questo ho voluto che ‘parlasse anche ternano’, non per restringerla, semmai per far partire anche da Terni una tensione universale. La Voce deve diventare sempre più uno strumento di comunicazione tra di noi e con la regione. E’ necessario prevedere un maggiore coinvolgimento della realtà diocesana su La Voce e un maggiore coinvolgimento della diocesi nella realizzazione del settimanale. Questo doppio binario, locale e regionale, deve essere immediatamente e certamente irrobustito”.
Mettersi al servizio della città nel segno del Vangelo
Intervista al vescovo mons. Vincenzo Paglia ad un anno dal suo ingresso nella diocesi di Terni-Narni-Amelia
AUTORE:
Mino Valeri