di Daris Giancarlini
Ricordo quei pomeriggi d’estate in cui mia nonna Palmira mi faceva fare merenda, seduta con me sulla porta di casa.
Immancabilmente arrivavano anche altri bambini, magari di famiglie meno fortunate della nostra, pur modesta. Allora Palmira risaliva in cucina e tornava con pane e olio, o pane, burro e zucchero, anche per i nuovi arrivati: “Sennò a guardare te che mangi – mi spiegava – gli viene l’anima negli occhi”.
Ha pianto, la bimba straniera dell’asilo di Minerbe, provincia di Verona, quando ha visto che a lei, al contrario del pasto distribuito a pranzo ai suoi compagni, venivano dati dei cracker e una scatoletta di tonno. “Lo abbiamo deciso per correttezza verso le famiglie che, al contrario di quella della bimba in questione, pagano regolarmente la retta” ha spiegato il sindaco, eletto con la Lega.
Non fa una piega la motivazione, in linea di principio. Ma il principio non dovrebbe turbare un piccolo essere umano che ha la sola ‘colpa’ di provenire da una famiglia che, forse per difficoltà economiche, non paga la retta dell’asilo.
Mia nonna Palmira non avrebbe guardato al principio: avrebbe guardato gli occhi di quella bambina. Si chiamava solidarietà, anche se nonna non lo sapeva. Magari invece i genitori degli altri bimbi dell’asilo di Minerbe, questa parola potrebbero ricordarsela.