I dati del rapporto Inail sembrerebbero confortanti: nel 2011 gli infortuni sul lavoro in Umbria sono diminuiti del 10,3 per cento rispetto all’anno precedente, da 14.886 a 13.343. Un calo superiore alla media nazionale. In dieci anni il numero si è quasi dimezzato. I morti sono stati 18, ma erano stati 31 nel 2001 ed addirittura 38 nel 2004. Numeri che dimostrano che la lotta per la sicurezza nei luoghi di lavoro qualche risultato lo sta ottenendo, anche se certo non possono cancellare il dolore dei parenti delle vittime e tranquillizzare la coscienza di chi ha l’obbligo di impedire che anche una sola persona si faccia male, o peggio ancora muoia, mentre si guadagna onestamente il pane. Numeri che poi non rappresentano fedelmente la realtà, perché con la crisi dell’edilizia ci sono meno muratori ed operai nei cantieri e sono tante le aziende chiuse, con 30.000 dipendenti in cassa integrazione ed una disoccupazione in costante aumento. “Ci sono poi – ha detto il sindaco di Perugia Wladimiro Boccali – tante imprese formalmente chiuse ma che continuano la loro attività entrando nel tunnel della illegalità”. Un tunnel che ingoia e cancella anche le denunce di persone infortunate, una “economia grigia” dove la sicurezza non conta più perché ovviamente non ci sono neanche i controlli. Il rapporto Inail poi evidenzia un altro fatto preoccupante: sono in costante aumento le denunce delle malattie professionali: malattie respiratorie, cutanee, disturbi psichici e persino tumori. In dieci anni sono praticamente raddoppiate: dalle 761 denunce del 2001 si è passati alle 1.419 dell’anno scorso. In questo caso però i numeri nascondono una realtà migliore di quella rappresentata dalle cifre. Le denunce infatti – ha detto il direttore dell’Inail, Tullio Gualtieri – sono in costante aumento perché è cresciuta l’informazione e la sensibilizzazione dei lavoratori, dei sindacati e dei patronati e perché un decreto del 2008 ha introdotto e tutelato nuove malattie professionali.
Più rischi per i lavoratori stranieri
Cinque delle 18 vittime del 2011 in Umbria erano stranieri. Anche se gli infortuni diminuiscono i lavoratori non italiani sono quelli più a rischio. Per alcuni tratti caratteristici del loro lavoro – evidenzia il rapporto Inail – come la pericolosità delle attività svolte e l’inesperienza. A questi fattori si aggiungono le differenze linguistiche e di cultura, la scarsa attenzione alle norme di sicurezza, l’inadeguata preparazione professionale e la difficoltà di capire ed esprimersi in italiano. Romeni, albanesi e marocchini occupano i primi tre posti di questa classifica degli infortuni tra le comunità straniere. Per loro l’Inail, insieme alla Scuola edile di Perugia ed all’Università per stranieri, ha realizzato un “glossario della sicurezza in edilizia” tradotto nelle lingue più diffuse, compreso l’arabo. Uno speciale software permette di consultarlo anche con il telefono cellulare.