di Nicola Salvagnin
La “bomba” è stata sganciata qualche giorno fa, anche se come al solito rischia di essere “a salve”: il ministero dell’Economia starebbe studiando una riforma del fisco tale da azzerare l’Irpef (le tasse sul lavoro) per i genitori che hanno da due figli in su. In soldoni, si tratterebbe di un aiuto economico veramente consistente, almeno per chi non evade le tasse: vorrebbe dire diverse migliaia di euro (anche decine di migliaia in certi casi) che rimangono nel budget familiare.
L’obiettivo è chiaro e dichiarato: promuovere la genitorialità oltreché sostenerla. Gli italiani non fanno più figli, siamo scesi sotto quota 400mila, mentre i decessi hanno superato quota 700mila. La popolazione invecchia, diminuisce, è sulla soglia di difficoltà poi inaffrontabili: pochi giovani che devono mantenere un’enorme casa di riposo. Bisogna fare qualcosa di serio e soprattutto di potente, visti i risultati nulli che le “politiche familiari” finora adottate (dai, facciamo finta che ci siano state politiche familiari e non mancette o poco più) hanno prodotto.
In Francia o Germania si è messo sul tavolo ben di più, e qualche risultato si è visto. Orbene, il dibattito ora è un altro, al di là del fatto che dalle parole si passi veramente ai fatti: meglio questo taglio deciso all’Irpef? Oppure, come sostengono altre voci anche in ambito cattolico, meglio potenziare decisamente i servizi a favore della maternità?
Stiamo parlando insomma di babysitter sovvenzionate, di asili nido, di materne, di tempi di lavoro armonizzati ai carichi familiari, di retribuzioni femminili più “pesanti” (magari appunto con un alleggerimento dell’Irpef)… In entrambi i casi, si privilegia il mondo femminile che lavora, laddove la non lavoratrice è molto meno favorita.
E i nostri vicini di casa, cosa hanno fatto? Entrambe le cose. Più servizi, meno tasse da pagare. Perché la contrapposizione non ha senso e ignora la gravità della situazione: siamo il Paese con la peggiore demografia al mondo. E le conseguenze le stiamo già subendo: spesa pensionistica da record, scuole che chiudono, giovani lavoratori che mancano… Se non mettiamo sul tavolo tutto quanto può far invertire questa tendenza, la situazione può solo peggiorare laddove ormai si sta affermando una cultura generalizzata di non natalità.
Fare figli non sta nell’orizzonte dei giovani, ci si comincia a pensare (non troppo) dopo i trent’anni, e se poi ci mettiamo matrimoni in rarefazione, carriere discontinue, retribuzioni basse, ambienti lavorativi “ostili” alla maternità, reti familiari slabbrate e altro ancora, ci si rende conto che oggi è già tardi per intervenire: cambiasse improvvisamente il trend , i frutti li vedremmo tra vent’anni.