La memoria non è semplicemente la scatola dei ricordi in cui infiliamo con cura foto, sapori e profumi, pagine vergate a mano e oggetti che per chiunque altro hanno scarso o nessun valore. È monito, filtro, provocazione e sfida. Non va affidata né alla polvere dell’archivio, né alla solennità delle celebrazioni perché questo è tentativo maldestro di renderla sterile fino a vestirla di un’uniforme indistinta. Se la memoria non è luce, non merita d’essere esposta se non per compiacere i pochi che possono intenderla. L’oggi è la lavagna della scuola del mondo su cui scrivere le parole solenni che altri impararono e che si incidono nell’anima della storia.
Perché tutti vedano e possano tradurre anche Shoah con migranti, spesa bellica, rombi di guerra, mafie, razzismi e discriminazioni, disuguaglianze e miseria, ingiustizie e sistemi di oppressione. L’oggi non è il confine imperscrutabile della memoria, al contrario è il luogo in cui la memoria prende vita e senso fino a divenire pietra d’inciampo per i disegni dei potenti e selciato su cui camminano i costruttori di pace. Perché la memoria ha un senso, ovvero una direzione.