Il presidente Mattarella ha detto che gli è capitato di mettere la sua firma sotto leggi delle quali non approvava il contenuto. La dichiarazione ha provocato scalpore, ma ci si sarebbe dovuti sorprendere se avesse detto il contrario; e cioè che lui è stato sempre d’accordo con tutto quello che ha firmato.
Le leggi le approva il Parlamento; la firma del presidente serve a certificare che quello che sta scritto proviene, appunto, da votazioni parlamentari svoltesi regolarmente ed il testo è proprio quello approvato dalle camere. Se il presidente potesse negare la sua firma perché non è pienamente d’accordo, sarebbe il terzo titolare del potere legislativo, insieme alle due camere; sarebbe una specie di terza camera, ma la costituzione non ha voluto questo (era così, invece, il re per lo Statuto albertino).
È vero che il presidente può rinviare la legge alle camere per una nuova deliberazione (dopo di che, se le camere la confermano, è obbligato a firmarla) ma da quando esiste questa regola, cioè dal 1948, le volte in cui è avvenuto si contano con le dita della mano; perché tutti gli studiosi della materia la considerano una potestà da usare in casi eccezionali.
Non si può dire neppure che la funzione del presidente sia di verificare che quella legge sia perfettamente in linea con la costituzione: questa verifica è assegnata alla Corte costituzionale, la quale si pronuncia collegialmente alla fine di un vero e proprio processo in contraddittorio.
La dichiarazione di Mattarella avrebbe fatto (giustamente) scalpore, se lui avesse detto “quali” sono le leggi che ha firmato senza condividerle; ma questo non lo ha detto e sono certo che non lo dirà mai, perché sarebbe una grave scorrettezza istituzionale.
Potrebbe farlo, forse, una volta tornato privato cittadino, ma credo che non lo farà neanche allora. Chiedo scusa se ho annoiato i lettori con questioni che sembrano riservate agli azzeccagarbugli; ma mi è sembrata una buona occasione per mostrare come funzionano quei princìpi, come la divisione dei poteri, che sono alla base del nostro sistema democratico. Dove nessuno, neppure il Capo dello Stato, può fare e dire liberamente quello che gli passa per la testa; deve invece attenersi alle regole del gioco e rispettare le funzioni che la costituzione e le leggi assegnano ad altri. I quali a loro volta dovranno regolarsi allo stesso modo.