Siamo in “emergenza idrica” oramai da più di un mese. La nostra regione, insieme a Sardegna, Sicilia, Puglia, Basilicata, ha chiesto al Governo la dichiarazione dello “stato di calamità naturale” e un finanziamento per “interventi di contrasto all’emergenza idrica” di 70 milioni di Euro. La presidente della Giunta Maria Rita Lorenzetti aspetta solo la nomina formale a “Commissario straordinario per l’emergenza idrica” per emanare la prima ordinanza che, assicura, accanto a strumenti e risorse stabilirà controlli e sanzioni più rigorosi, per il risparmio di acqua. In attesa della nomina gli uffici regionali stanno ultimando l’aggiornamento della situazione idrica in Umbria, dallo stato di sorgenti e falde ai pozzi, dai corpi idrici agli invasi, dalle indagini geologiche alle procedure in corso. “Lo scopo – ha spiegato la presidente – è di avere a disposizione dati certificati, da portare a conoscenza dei soggetti interessati, che ci consentano di costruire un Piano di interventi efficace e strutturato su regole di garanzia uguali per tutti”. Sarà comunque un piano d’emergenza perché è illusorio pensare di poter risolvere in una stagione il problema dell’abbassamento delle falde acquifere umbre, iniziato, almeno quindici anni fa. La siccità di questi ultimi due anni ha solo messo in evidenza ciò che si sapeva da anni e cioè che la risorsa “acqua” anche se abbondante è limitata e gestita male anche se il cambiamento climatico resta il principale responsabile dell’abbassamento delle falde acquifere. Nell’ultimo secolo le precipitazioni sono diminuite del 20%. L’Italia è il Paese che consuma più acqua (disponibilità di 300 litri/giorno) in Europa ed è il terzo al mondo dopo Canada e USA, ed è il primo in assoluto per il consumo pro-capite di acqua minerale (dati disponibili sul sito internet del Corpo Forestale dello Stato). Non è pensabile risolvere l’ “emergenza acqua” aggredendola da un solo lato. Lodevole è la campagna di sensibilizzazione promosso da Regione e Rai sul risparmio di acqua, ma il consumo per usi idropotabili in Italia è stimato essere il 20% circa del consumo totale di acqua. Il 30% è per energia e uso industriale e il 50% è assorbita dall’agricoltura (dati Cridea). Ben vengano allora le innovazioni sui sistemi di irrigazione, e sulle tecniche per catturare acque piovane e superficiali per usi irrigui, senza dimenticare il riutilizzo delle acque reflue depurate che potrebbero fornire (secondo alcune stime) il 40% dell’acqua necessaria. Intanto la Provincia di Perugia ha vietato a tutti, tranne a chi fa irrigazione a goccia, gli attingimenti sui corsi d’acqua dalle 11 alle 18 di ogni giorno. Per i 470 acquedotti umbri servono nuove strutture per l’attingimento e il trasporto dell’acquaGli umbri, 800mila abitanti amministrati da 92 Comuni, due Province, una Regione, consumano per usi civili 98 milioni di metricubi di acqua all’anno (stima del ’95) portata da 470 acquedotti (censiti nel 1987 esclusi i più piccoli). La cartina e la tabella con l’elenco delle concessioni, anche se non aggiornati, forniscono il quadro della frammentazione in cui si opera quando si tratta di gestire le fonti idriche sulle quali hanno competenza i tre livelli istituzionali locali. Il che dice della complessità dei controlli e del coordinamento degli acquedotti dai più grandi, di tipo consortile, ai più piccoli che servono una frazione o un comune sfruttando risorse locali. Uno dei problemi da affrontare in questa emergenza idrica, forse prima ancora di affrontare il problema delle perdite della rete (stimate in media al 30%), sarà l’adeguamento delle opere di presa che non riescono più a captare l’acqua della falda acquifera che si è abbassata. Si tratta di spese rilevanti che, nel caso del bacino idrico di Gualdo Tadino è stata sostenuta dalla società Rocchetta che ha speso circa 300milioni di Lire per rifare le opere di presa della sorgente Santo Marzio alimentata da dallo stesso grande bacino idrico che alimenta la sorgente Rocchetta. Il lavoro, spiega Andrea Monsignori, dirigente Regionale del settore Cave, miniere, acque minerali, era stato inserito quale condizione nella concessione rilasciata nel 1993 alla società che si preparava a lanciare sul grande mercato l’acqua di Gualdo Tadino. I dati sulle risorse idriche e gli acquedotti presentati in questa pagina sono quelli contenuti nella Relazione sullo stato dell’ambiente in Umbria, datata 1997. Gli uffici regionali stanno procedendo ad aggiornare i dati, ed è facile prevedere che si registrerà un aumento dei consumi e dei prelievi mentre sul fronte acquedotti non dovrebbero esserci grandi novità.Dei 98milioni di m3 di fabbisogno di acqua per usi civili il 78% era dovuto alle esigenze della popolazione della provincia di Perugia (il 73% del totale). I capoluoghi di provincia, Perugia e Terni, assorbono rispettivamente il 30% e il 45% dei relativi fabbisogni provinciali. Il prelievo idrico autorizzato nel 1996 con concessioni su acque pubbliche per uso potabile è di quasi 40milioni di m3, di cui l’84% su fonti idriche nel territorio della provincia di Perugia.
Manca l’acqua ma non è una novità. Falde in calo da almeno 15 anni
Chiesto lo stato di calamità naturale per l'emergenza idrica in regione
AUTORE:
Maria Rita Valli