p align=justifyL’ho seguito senza fiatare, per oltre due ore, col telecomando inerte in mano. Parlo dello “speciale” su Paolo VI, firmato da Luigi Bizzarri, in onda da TV 3 la sera del 22 luglio. Appassionante.”Il Papa dimenticato”: un titolo falso. “Un Papa che pochi hanno pianto e molti rimpiangeranno”: un sottotitolo vero. Ci sono anch’io, tra costoro. Quella di Montini, quel 6 agosto 1978, fu una morte quasi… burocratica, poco più che una pratica da sbrigare. Una Trasfigurazione (era la liturgia di quel giorno) in tono minore. Così diversa dalla morte di Papa Giovanni, la grande celebrazione corale di Pentecoste 1963, quando il mondo intero aveva vibrato in piazza S. Pietro intorno al corpo sgraziato del contadino bergamasco che tornava alla terra calda e umida, mentre l’anima del Summus Pontifex saliva calda e radiosa al suo Dio. Ma non fu per questo che non lo piangemmo abbastanza, io e quelli come me. In realtà eravamo stanchi di quel suo governare la Chiesa quasi a singhiozzo. Giù dalla barca di Pietro l’abate Franzoni, e subito dopo giù mons. Lefebvre. Gli assegni circolari anonimi spediti a Barbiana e la sconfessione delle Acli, comunicata all’Assistente mons. Pagani con l’inusitato invio del candido agnello, appena ricevuto in dono, il giorno di Sant’Agnese. La legittimazione del ricorso alla lotta armata come extrema ratio e i “ridimensionamenti” molteplici di quella scelta. I gesti simbolici (la tiara deposta sull’altare di San Pietro come dono ai poveri) che (ci sembrava) non andavano oltre il simbolo. La “condanna” della guerra del Vietnam e la “deposizione”di Lercaro, “troppo contro”. Fummo sciocchi. Perché in realtà si governa (la Chiesa, o anche la parrocchia di Pascelupo) così come si vive. Non si può pretendere di vivere in un modo e governare in un altro. Paolo VI aveva abbracciato la modernità del sec. XX come il suo Gesù di Nazareth aveva abbracciato la condizione del proletario anonimo della Palestina del I sec. Una scelta che lo scuoteva come un giunco. Ma lui la modernità l’amava con tutto se stesso, e voleva condividerne la vicenda, nonostante che essa fosse solcata da dubbi profondi come abissi e angoscianti come fantasmi, o forse proprio per questo. Il 13 maggio 1978, a San Giovanni in Laterano. Aldo Moro. “Dio della vita e della morte, Tu non hai voluto esaudire la nostra preghiera per la liberazione di quest’uomo buono, saggio,… e amico”. Da dove veniva quella voce, da quale abisso di desolazione? A prezzo di quanto sangue riusciva ancora ad emergere la disperata speranza su quella faccia diafana, come trapassata dall’angoscia? 13 maggio 1978. Il 6 agosto era solo il giorno dopo.