L’immagine dell’Umbria è messa in discussione dalle infiltrazioni criminali (camorra e ‘ndrangheta) scoperte dall’inchiesta, coordinata dalla Direzione distrettuale antimafia di Perugia, che ha portato all’arresto di oltre 50 persone tra Calabria ed Umbria. L’obiettivo delle cosche era quello di impadronirsi di aziende ‘pulite’ con le quali espandere le proprie attività, anche attraverso varie complicità. A quanto risulta, la scelta dell’Umbria per programmare e gestire le attività criminali, anche in altre regioni, è stata dettata dalla possibilità di agire con più ‘tranquillità’ rispetto a quelle meridionali. I personaggi di spicco arrestati, a partire dall’assessore al Turismo della Regione Calabria, Pasquale Tripodi, sono per lo più calabresi. Solo qualche fiancheggiatore è umbro. È però il contesto a preoccupare. Quando si scoprono ramificazioni così complesse, vuol dire che il tessuto socio-economico del territorio si è indebolito. In passato se ne è parlato in un convegno, ma l’attenzione è rapidamente calata. È probabile che dall’analisi dei documenti sequestrati possa scaturire qualche novità sul coinvolgimento di personaggi legati all’imprenditoria operanti in Umbria. Sulla vicenda è intervenuta la sezione regionale di Legambiente. ‘Negli ultimi giorni è un susseguirsi di informazioni sempre più allarmanti: una risposta a chi si ostinava a chiudere gli occhi e continuava a parlare di un’isola felice che non c’è – sostiene l’associazione ‘ e le rappresentanze istituzionali e tutte le forze titolate al controllo del sistema sociale regionale sembrano accorgersi solo adesso del fenomeno’. Nella nota si ricorda che Legambiente ‘da anni pubblica il rapporto sulle ecomafie, in cui si ripeteva e si ripete che la nostra regione, a dispetto della convinzione di molti, non è immune da infiltrazioni di eco-criminalità organizzata. Sono stati così individuati due settori più permeabili e già permeati: il traffico dei rifiuti e il ciclo del cemento’. A questo proposito si ricorda l’arresto del legale rappresentante di una società di Trevi che si occupa della gestione dei rifiuti. Fu il primo arresto che evidenziava l’organizzazione per il traffico illecito dei rifiuti. Legambiente ritiene che i reati, riconducibili al ciclo del cemento, ‘sembrano coincidere invece con i lavori di ricostruzione avviati dopo il sisma del 1997. Allora tornarono in attività, dopo anni di blocco, cave terrestri e fluviali con un parallelo aumento del ritiro di concessioni di nuove autorizzazioni. La situazione dei fiumi si fece allarmante perché furono oggetto di un vero e proprio assalto dietro la giustificazione di ‘opere di manutenzione idraulica’, che mascheravano vere e proprie attività di cava in alveo. Da allora prolificano in modo impressionante le cementificazioni, molte delle quali sottintendono con ogni probabilità intenti riciclatori di denaro sporco. Un fenomeno che ormai colpisce tutto il territorio regionale, dalle più grandi città ai più piccoli agglomerati urbani, attraverso l’interessamento di grandi e piccoli cosiddetti ‘immobiliaristi”. La situazione regionale forse non sarà così compromessa, ma ‘Umbria, isola felice’ sembra solo uno spot.
Mafia: Legambiente la denunciava da tempo
Tutto cominciò con la ricostruzione post-1997. Le cementificazioni servono a riciclare denaro sporco
AUTORE:
Emilio Querini